Visitandine: la sede è cambiata, ma il carisma non muta
Dopo 175 anni di presenza a Padova, le sei monache della Visitazione di santa Maria si spostano dal monastero di riviera San Benedetto a Padova alla casa Madre Teresa di Calcutta, a Sarmeola. «Anche nella nuova casa continueremo a pregare per chiunque si rivolga a noi e ci chieda un’intercessione».
Dentro le mura di Padova uno storico monastero di clausura ha chiuso le proprie porte. Ma non la vivacità e la realtà della piccola comunità di sei suore che lo animava.
Dopo 175 anni di presenza a Padova, le monache della Visitazione di santa Maria si sono trasferite da riviera San Benedetto a casa Madre Teresa di Calcutta, a Sarmeola di Rubano. Una decisione sofferta e faticosa che le ha portate anche a ripensare e ristrutturare il proprio ruolo dentro la chiesa diocesana.
Le sei religiose da poche settimane abitano in un’ala a loro riservata al secondo piano della casa, accanto alla comunità di suore indiane che presta servizio a casa Madre Teresa e all’Opsa. Dallo spazio a loro dedicato, oltre alle celle con bagno, la cucina, un piccolo refettorio e lavanderia, hanno ricavato la stanza del parlatorio, dove dietro a una grata accolgono i visitatori.
Da qui ci parla anche la badessa, suor Angelica Tognon, 81 anni, originaria di Enego. Occhi e sorriso capaci di scaldare il cuore.
«Ormai la situazione nel monastero in riviera San Benedetto era diventata insostenibile – spiega – Spazi troppo grandi da attraversare e curare per noi sei, ormai tutte di una certa età e piene di acciacchi, per alcune anche pesanti. Dopo l’ultimo ricovero in ospedale di una delle sorelle, don Roberto Bevilacqua, direttore dell’Opsa, ci è venuto incontro, offrendoci questa possibilità a casa Madre Teresa».
Le monache, dopo un’attenta riflessione, hanno deciso di accogliere la proposta che permette loro di vivere con maggior serenità il carisma fatto, dalle 5 alle 21, di lavoro e preghiera nel silenzio e nel nascondimento. Sentendosi non abbandonate, ma curate e seguite in ogni momento. A questo si aggiunge la bella occasione di poter condividere la cappellina per la messa quotidiana alle 6 con la comunità di suore indiane.
«Siamo state accolte con tanto affetto e cura – sottolinea suor Angelica – E abbiamo potuto ricreare un monastero anche qui. In questi giorni stiamo finendo di trasportare quegli arredi e decori sacri che ci è stato possibile portare dalla nostra residenza di riviera San Benedetto». Il monastero, che nasce nel 1200 come benedettino e poi viene destinato nel 1839 alle Visitandine, è stato messo in vendita dall’ordine, per fini esclusivamente sociali o religiosi.
Cambiata la sede, non muta però lo spirito e il carisma della comunità che continua a pregare per la chiesa e per il mondo e a casa Madre Teresa ha ritrovato, in un certo senso, le proprie radici.
L’ordine nasce infatti nel 1610 grazie a san Francesco di Sales e santa Giovanna Francesca di Chantal e prevedeva nei primi anni l’uscita per qualche ora delle monache dal monastero per andare ad assistere gli ammalati più poveri del comune francese di Annecy. Quindi la comunità ritorna tra gli ammalati pur non scendendo nei reparti.
«Continueremo a pregare per chiunque ci chieda un’intercessione e si rivolga a noi – sottolinea la badessa – Si può continuare a inviare lettere o telefonate. Noi preghiamo davvero per tutti». Pur non leggendo quotidiani o accendendo la televisione, solo per l’Angelus domenicale del papa, il mondo entra davvero in questo monastero: attraverso le centinaia di lettere e le richieste di tanti fedeli, ma soprattutto nel momento dell’orazione personale, guidata dallo Spirito.
«Ci sono momenti in cui sentiamo forte l’esigenza di rientrare nelle nostre celle e pregare, anche al di fuori dei tempi prestabiliti. Sentiamo urgente il bisogno di abbandonare e affidare tutti e tutto a Dio: questo, ne siamo certe, è il momento in cui Dio opera e fa miracoli nel mondo. La preghiera rende operante Dio.».
Suor Angelica è convinta dell’azione operante di Dio e legge in quest’ottica la sua stessa vocazione. «Certo, la fede l’ho attinta dai genitori, che mi spronavano a pregare ogni giorno e a frequentare la messa con fedeltà. Ma in monastero mi ha portato Dio: è lui che mi ha scelto e mi ha presa per i capelli. Sennò come potremmo razionalmente spiegare una scelta di donazione così radicale della propria vita. Sono entrata a 20 anni e qui sono rinata!».
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