La parola ai preti novelli: padre Gabriele Dell'Acqua, psicologo mantovano e francescano a Roncajette
Originario di Porto Mantovano, il comune in cui il vescovo Claudio era parroco prima dell'approdo a Padova, la relazione tra padre Gabriele e la città del Santo è solida. Qui si è laureato in psicologia, qui lo scorso ottobre è diventato diacono; a Roncajette vive dal 2013 in comunità e nella cattedrale, domenica scorsa, è diventato prete. Al frate minore, abbiamo rivolto una domanda sui voti che come religioso ha preso con la professione perpetua.
Gabriele Dall’Acqua (26 dicembre 1982) è originario della parrocchia di Bancole di Porto Mantovano (Mantova). Ha frequentato l’itis Fermi a Mantova (diploma di perito chimico), poi si è laureato (laurea triennale) in psicologia a Padova. Nel 2005 è entrato come postulante ad Arco di Trento presso i frati minori. Ha vissuto l’anno di noviziato a Baccanello (Bergamo) e gli studi teologici a Verona. Da qui ha vissuto anche un’esperienza missionaria di un anno in Marocco. Dal 2013 è a Roncajette, ha emesso i voti perpetui nel 2014, ha conseguito il baccalaureato in teologia nel 2015, ed è stato ordinato diacono lo scorso ottobre a Padova.
La domanda
Povertà, castità e obbedienza sono i voti che hai professato. Come vivi quotidianamente la fedeltà ai consigli evangelici e cosa ti aiuta a farlo?
Vivo insieme a Giorgio e Paolo, con i quali condivido la vita fraterna, la preghiera, e i servizi per l’evangelizzazione e di incontro con i poveri di Padova. La fraternità presta servizio a 360 gradi nella diocesi, collaborando con la parrocchia di Roncajette e con altre parrocchie e realtà della diocesi come, ad esempio, il centro universitario. La mia fraternità è semplice, vive della Provvidenza e del bene che la gente ci vuole. La vocazione viene dal Signore, a lui chiedo la grazia di vivere i voti. È l’obbedienza che mi ha portato qui, e che può decidere di spostarmi o di farmi vivere servizi nuovi.
Vivere i voti è una conseguenza del fatto che il Signore è nel mio cuore, quindi ciò che mi aiuta a viverli è la mia relazione con lui. I voti sono un suo dono, sono il suo stile. Seguirli è voler seguire proprio lui, non in maniera vaga, e amarlo un po’ di più. Seguirli è anche mettermi nelle condizioni perché sia lui a fare, in me e nella mia storia, un po’ di più.
È lui il ricco che s’è fatto povero, per noi polvere amata e resa ricca dal suo soffio. È lui che ama di amore casto e fecondo, che dona e non stringe, ridona e non pretende. È lui l’obbediente al Padre e ci apre questa libertà. E poi vivere i voti apre relazioni nuove e una vita nuova. Fa sperimentare la sua provvidenza e paternità, provoca a ricordarci che lui solo è Dio, e che lui solo sa dare e ridare vita, non altro. Ci provoca a ricevere, a lasciarci condurre, anche a scoprire strade e parti di noi che non avremmo mai pensato. Se non vivo i voti mi faccio un pessimo compagno di viaggio, pesante, egocentrico, invadente, ingovernabile. Sono tre “no” perché le relazioni (con gli altri, con le cose, con sé) tornino a essere il luogo della relazione con Dio. Sono quei “no” che permettono i “sì” più belli: umanità, libertà, l’incontro autentico con le persone, il riceversi da lui …
I voti poi mi rivelano anche i miei limiti, paure, insicurezze. E anche come tutto questo è amato. Ci rivelano che tra tutti i nostri desideri, quello centrale è di vivere in Dio, di fidarci, di ascoltare quello che dice, di riconciliarci... e pure di celebrarlo e di far festa: la vita è bella perché tutto è occasione per crescere nella relazione con lui.