La festa di Campese profuma di devozione a Maria
La festa liturgica è doppia per Campese: il 14 si celebra la Santa Croce a cui è dedicata la chiesa parrocchiale e il 15 si fa memoria dei sette dolori della Vergine a cui la comunità è particolarmente devota, sentendola come protettrice del paese. La processione è domenica 18 dopo la messa delle 15.
Domenica 18 settembre la comunità parrocchiale di Campese vive la festa liturgica dell’Addolorata perpetuando una devozione che la lega al suo passato.
Al mattino si tiene nella chiesa della Santa Croce la celebrazione eucaristica, e alle 16, al termine della messa delle 15, parte la processione “storica” che porta attraverso le vie del paese il simulacro antico della Madonna addolorata seduta in trono.
«La Madonna, custodita durante l’anno dentro a una nicchia, viene quindi lasciata esposta in chiesa per tutto il mese di ottobre – spiega Francesco Andreatta, uno dei referenti laici della comunità – Questa festa per noi rappresenta davvero la continuità con la tradizione con la “T” maiuscola. L’accompagnare l’Addolorata per le vie centrali del paese dice di una comunità che vuole sentire Maria e i suoi dolori come punto di riferimento e di ristoro spirituale».
Il simulacro viene portato attraverso il nucleo storico di Campese, in un percorso quasi obbligato.
«È un ripercorrere passo dopo passo la nostra storia – sottolinea lo storico Angelo Chemin – in un momento dell’anno che rappresenta la fine di una stagione e l’inizio di un’altra e che ci chiede di vivere un tempo di preghiera di riconoscenza. La processione, come quella del venerdì santo, è davvero molto sentita da parte di tutti, anche dei giovani».
La processione e la festa si situano a cavallo di due memorie liturgiche, quella della Santa Croce, il 14, cui è dedicata la chiesa arcipretale, e il 15 dei sette dolori della beata Vergine Maria.
«La chiesa nasce dal monastero benedettino di Campese – racconta Chemin – e la venerazione della santa Croce è sempre stata accostata alla figura della Madre dolorosa».
La prima traccia liturgica della devozione all’Addolorata la si trova nella dedicazione degli altari della chiesa monastica di Santa Croce in cui però si svolgevano anche le funzioni parrocchiali. «Il verbale della visita pastorale del 1675 di san Gregorio Barbarigo registra tre altari: il maggiore, il secondo dedicato a Santa Croce e il terzo “alla sempre gloriosa immacolata Vergine Maria”. Nel verbale della visita di Francesco Barbarigo del 1726 si legge che l’altare maggior è dedicato alla Santa Croce, il secondo alla Madonna del Rosario, il terzo alla Beata Maria Vergine Dolorosa. Nel frattempo si sono aggiunti altri due altari dedicati uno alla Natività (in altra relazione: al parto) e l’altro a Sant’Antonio da Padova. Su cinque altari due sono dedicati alla Madonna; l’altare maggiore, almeno dagli anni cinquanta del Settecento, ha la nuova pala di Costantino Pasqualotto dedicata alla Deposizione con la Vergine in primo piano e quello della natività era un’Adorazione dei pastori, copia di quella famosa di Jacopo Dal Ponte. La presenza iconografica della Madre di Dio è insomma preponderante e significativa».
Nel simulacro la Madonna tiene in grembo il Cristo morto e lo guarda con intensità dolorosa tenendo le braccia lievemente alzate, una veste nera la ricopre.
Di scolpito, ha soltanto il busto e il volto e gli avambracci con le mani, il resto è una incastellatura di legno.
«È la protettrice del paese e la processione, negli anni fra le due guerre, era in realtà una sacra rappresentazione. Il dolore e la speranza, il ringraziamento per la protezione e la fiducia che questa non mancherà in futuro caratterizzano la venerazione. Un tempo queste erano terre di fatica e la tenacia e la speranza erano doti dell’animo necessarie per il vivere dei singoli e della comunità: lo sono ancora, perché l’incertezza dei tempi non è finita».