In viaggio tra i circoli Noi: i "Don Bosco" del Redentore di Monselice e di Pegolotte
Il circolo Noi Don Bosco del Redentore di Monselice e il centro parrocchiale Don Bosco a Pegolotte di Cona: sono due tra i più "giovani" circoli Noi della diocesi di Padova. Uno è un vero e proprio patronato con bar e aperture quotidiane, l'altro un vulcano sempre attivo di iniziative e occasioni di incontri. In entrambi si respira il profumo della novità e l'entusiasmo degli esordi.
Il viaggio tra i circoli Noi della diocesi di Padova riparte a ritroso. Ricomincia da quei patronati, che, come per l’appunto Sant’Ignazio a Montà, hanno aderito al Noi da pochi mesi e nei quali, forse, è più facile respirare l’entusiasmo della novità. C’è chi parte da zero e che invece, con il Noi, ha permesso a una realtà esistente di compiere un passo in avanti decisivo.
Il circolo Noi don Bosco, nella parrocchia del Redentore a Monselice, ha come data di nascita gennaio 2016.
«Il motivo principale per cui ci siamo affiliati – spiega il presidente Giancarlo Zurlo – era il poter avere più ordine, specie per quanto riguarda il campo legale e fiscale. La scelta di aderire al Noi di Padova è stata dunque naturale».
Era già tutto pronto: «Qui al Redentore ci si conosce tutti e c’è un bell’affiatamento, a partire dal parroco che si è messo in gioco, fino ai gruppi della parrocchia, dal coro ai catechisti. Con il Noi, però, abbiamo l’appoggio di un’associazione di carattere diocesano e nazionale, che ci fa sentire con le spalle coperte nel continuare con le nostre tante attività e ci permette di aprirci ancora di più al territorio».
Si è trattato di una trasformazione nella continuità: «Fa comodo comunque incontrarsi qualche volta l’anno con i direttivi degli altri circoli, per un momento di confronto e di scambio. È molto bello poter sapere quello che fanno gli altri, per trarne dei suggerimenti e per eventualmente correggere la rotta. Questo spirito associativo inizia pian piano a sentirsi, anche se non ci sono state per ora evidenti trasformazioni».
Il patronato del Redentore è aperto tutti i pomeriggi, dalle 15 alle 19, e di sera, quando ci sono riunioni e incontri. Oltre alle salette per gli incontri e a un campo da calcio esterno, spesso usato per il grest, c’è un salone polifunzionale, capace di contenere fino a 200 persone.
Nel primo anno e mezzo di vita il circolo ha conosciuto una grande festa di associazione, servita per dare il via al rinnovo del tesseramento, con un momento conviviale di fraternità, tra cui una gara di torte portate da casa dalle mamme, con tanto di giuria che ha decretato il dolce più buono. Il 25 aprile, invece, i tesserati Noi hanno partecipato alla biciclettata: 20 chilometri, tra andata e ritorno, per una giornata in compagnia.
Anche il nuovo Cicolo Noi di Pegolotte di Cona, costituito ufficialmente lo scorso dicembre, è intitolato a don Bosco, santo considerato da tutti l’inventore dei nuovi patronati. Ma, a differenza della quasi totalità degli oratori della nostra diocesi, questo circolo non ha un patronato vero e proprio e nemmeno un bar. Come?
«Fortunatamente – spiega il neopresidente Antonio Bottin – noi abbiamo le suore salesiane, figlie di Maria Ausiliatrice, una scuola dell’infanzia e le stanze di un vecchio patronato». Prima si facevano già alcune attività, ma la direttrice, suor Carlina Prandin, ha suggerito alla parrocchia di alzare lo sguardo.
«A Verona aveva conosciuto il Noi, e ci ha suggerito, assieme ai ragazzi che animano l’oratorio, di aderire al Noi per avere un’associazione completa alle nostre spalle. Così, noi ci siamo messi al servizio. Io, personalmente, mi sono preso la responsabilità di gestire la “parte burocratica”, ma il vero motore sono i giovani, che sono tra l’altro contenti di godere anche delle convenzioni e dei vantaggi del Noi».
Se pensiamo a un circolo Noi, tra le prime cose che ci si palesano all’immaginazione è il profumo di caffè.
Ma il “Don Bosco” di Pegolotte non ha un bar: «Siamo un circolo di attività, dal doposcuola per elementari con due maestre volontarie, fino alla festa degli acquiloni, che coinvolge molte persone. A giugno, poi, ci sarà prima un minigrest per i ragazzi della prima elementare, poi il grest tradizionale di tre settimane, a cavallo tra giugno e luglio. Per il momento non sentiamo l’esigenza di un bar, ma non escludiamo la possibilità».
Le attività sono incrementate e si sono aperte anche ad altre generazioni, con una richiesta a padre Lorenzo Snider, della Sma di Feriole, incaricato dal vescovo di seguire i centri di accoglienza migranti di Cona e Bagnoli, di venire a presentare il suo lavoro.
«Man mano che andiamo avanti ci vengono idee nuove – rivela Antonio Bottin – ma soprattutto i nostri giovani si sentono meno vincolati e più liberi di proporre incontri e attività, e allo stesso tempo continuare a formarsi. Prima tutto doveva passare per il consiglio pastorale, ora c’è una certa autonomia d’azione». Per ora gli iscritti sono 30, ma con le imminenti iscrizioni al grest si salirà ad oltre 150.