Ius soli. È l’ora dei fatti
Mentre infuria la polemica politica, anche la Conferenza episcopale prende posizione a favore della riforma della cittadinanza. Secondo la fondazione Leone Moressa saranno 800 mila i minorenni che diventeranno italiani dopo l’approvazione.
Chiusa la partita elettorale con il secondo turno delle amministrative in calendario per domenica 25, la torrida estate politica italiana tornerà a infuriare sullo ius soli.
Latinismi a parte, il rischio di rivedere altre «gazzarre ignobili» tra partiti- tanto per usare i temini del segretario generale della Cei Nunzio Galantino – come quelle che hanno coinvolto tutte le forze del Parlamento il 16 giugno (giorno di approdo della legge in Senato dopo il via libera della Camera) è quanto mai concreto.
A far riflettere, c’è però la posta in palio: la possibilità di essere riconosciuti italiani per la schiera di ragazzi, ancora minorenni, con genitori stranieri ma nati sul suolo italiano, o giunti da noi entro i 12 anni e frequentanti con regolarità il percorso scolastico.
Il lungo iter della legge
Senza dimenticare la lunga gestazione di questa legge e la grande partecipazione popolare a un processo in atto almeno dal 2014. Il confronto odierno a palazzo Madama arriva ben 19 mesi dopo il disco verde alla riforma stabilito dalla Camera. A un anno dal sì dei deputati, i giovani cresciuti in Italia hanno dato vita al movimento #Italianisenzacittadinanza. Due anni prima era partita la campagna “L’Italia sono anch’io”, sostenuta tra gli altri da Acli, Comunità di Sant’Egidio, Arci, Legambiente, Coordinamento degli enti locali per la pace, Cgil.
A sbarrare potenzialmente la strada a uno dei provvedimenti più discussi e attesi della legislatura, ci sono i 48 mila emendamenti depositati dal Carroccio. La riforma, secondo Matteo Salvini, serve solo al Pd per raccattare quale e là qualche voto in più. Una posizione non così lontana da quella del M5s, per Beppe Grillo più che a una riforma siamo di fronte a un «pasticcio».
Il premier Gentiloni pensa alla fiducia per chiudere il prima possibile la partita, ma sarà fondamentale l’apporto dei centristi che ancora non hanno smaltito le tensioni nate con il Pd nei giorni caldi della legge elettorale, poi miseramente naufragata.
La presa di posizione dei vescovi
Il commento di mons. Galantino arriva da Bologna, domenica scorsa, direttamente dal palcoscenico della “Repubblica delle idee”, manifestazione del quotidiano diretto da Mario Calabresi.
«C’è preoccupazione per il modo in cui si sta affrontando il tema dello ‘ius soli’. Perché non mi sembra sia il modo migliore quello delle gazzarre ignobili che hanno caratterizzato l’aula del Senato. Sono cose così importanti sulle quali o ci si confronta o si finisce per affossare continuamente una realtà molto importante».
Il segretario generale cita un’indagine Demos di gennaio, proprio per Repubblica, secondo cui due italiani su tre sono favorevoli alla riforma.
«È chiaro che questo fa venire l’orticaria a chi ha impostato tutta la politica e la richiesta di consenso sul contrario», ha proseguito il segretario generale della Cei, sottolineando che «mi preoccupano partiti o formazioni politiche che hanno sempre pensato diversamente e che ora stanno temendo di perdere voti per questo».
La chiesa pensi ai poveri e ai disoccupati è stata la replica del leghista Calderoli, subito rintuzzato dal presidente del Senato Grasso che ha dato atto alla Cei di essersi sempre preoccupata per le fasce più deboli della società.
A chiarire una volta per tutte la presa di posizione della chiesa è stato il sostituto alla segreteria di stato vaticana mons. Angelo Becciu: «Siamo vicini a chi è nella necessità, nella debolezza e a chi ha bisogno di essere protetto – ha detto durante la presentazione di un libro su papa Francesco in Senato – Vorremmo che si riconoscesse la dignità delle persone che arrivano in Italia. A chi nasce qui che gli venga riconosciuta la cittadinanza».
Che cosa prevede la legge
In tutta questa bagarre, il pericolo di perdere di vista il vero significato di questa riforma è quanto mai in agguato. Che cosa prevede dunque lo ius soli?
La riforma in discussione assomma due tipi di approccio. Da un lato lo “ius soli temperato”, per cui diventa italiano un minore figlio di stranieri di cui almeno uno in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo in un Paese dell’Unione europea. Dall’altro lo “ius culturae”, secondo cui un minore nato o arrivato in Italia entro i 12 anni, che abbia frequentato almeno per cinque anni le nostre suole, ha diritto alla cittadinanza. La richieste, in entrambi i casi dev’essere fatta entro il ventesimo anno di età.
I beneficiari
Chi si gioverebbe di questa riforma? Secondo la fondazione Leone Moressa, sono circa 800 mila i giovani figli di stranieri che all’approvazione in Senato diventerebbero di colpo italiani: 600 mila solo i minorenni (nati dal 1998 a oggi) in Italia da genitori stranieri ma residenti da almeno cinque anni.
A questi si sommano i 174 mila che avrebbero diritto in virtù del loro percorso scolastico (ius culturae). Secondo la fondazione, in futuro saranno circa 65 mila ogni anno i minori che potranno richiedere la cittadinanza (45-50 mila per nascita e 10-12 mila per iscrizione scolastica).