Cittadinanza, la riforma che «non può più aspettare» si è persa nelle nebbie del Palazzo
Dopo un anno è ancora fermo al Senato il ddl di riforma della legge 91 del 1992. Sommerso da una valanga di emendamenti della Lega Nord e mai portato avanti con convinzione dalla maggioranza. Rete G2: «La nostra stagione dei diritti non arriva mai».
Esattamente un anno fa, il 13 ottobre del 2015, la Camera dava il via libera al ddl di riforma della legge sulla cittadinanza.
Dopo 23 anni, dunque, l’Italia sembrava pronta a cambiare le regole sulle modalità con cui si diventa cittadini nel paese. Una riforma attesa, soprattutto dai figli degli immigrati, che secondo la legge 91 del 1992, devono attendere fino al diciottesimo anno di età per poter chiedere la cittadinanza, anche se sono nati in Italia, anche se hanno frequentato le nostre scuole e qui sono cresciuti.
Ma la riforma una volta arrivata in Senato si è completamente arenata.
La discussione è, infatti, ferma da mesi. Il testo è stato sommerso da una pioggia di oltre settemila emendamenti, quasi tutti a firma Lega Nord, e su cui ancora oggi manca il parere di ammissibilità da parte della presidente della Commissioni Affari costituzionali, Anna Finocchiaro.
Cosa dice la legge? Ius soli per chi nasce, ius culturae per chi cresce qui.
Il testo del ddl è il risultato di un compromesso di maggioranza, raggiunto alla Camera tra Pd e Ncd. Di fatto, per far passare il testo si è deciso di concentrarsi solo sui diritti dei minori. E così secondo il disegno di legge diventa italiano secondo il principio dello ius soli temperato chi è nato in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno Ue di lungo periodo (ex carta di soggiorno).
Ha, inoltre, diritto alla cittadinanza italiana chi arriva entro i 12 anni di età e abbia frequentato almeno 5 anni di scuole in Italia (ius culturae). Se la frequenza riguarda il corso di istruzione primaria, è necessaria che sia stato completato con successo. La richiesta deve essere inoltrata dal genitore, a cui è richiesta la residenza legale, oppure dall'interessato entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.
La definizione dei criteri per la cittadinanza ha sollevato diverse polemiche, soprattutto per la richiesta del permesso lungo soggiornanti ai genitori, che secondo alcune associazioni (tra cui Asgi) di fatto fa una distinzione per censo: per ottenerlo bisogna avere, infatti, un reddito minimo non inferiore all’assegno sociale annuo.
Oltre un milione di cittadini di fatto, ma non per legge: «Non possiamo più aspettare».
«Come seconde generazioni abbiamo fatto uno sforzo di concretezza: abbiamo accettato un testo che presenta molti limiti pur di avere una legge. Molti dei punti che proponevamo insieme al coordinamento della campagna l’Italia sono anch’io sono stati, infatti, portati al ribasso. Ma abbiamo accettato il compromesso, consci della situazione politica che abbiamo di fronte. Ora, però, chiediamo che la legge venga approvata. Un anno di attesa è un tempo incredibile, siamo di fronte a uno stallo insopportabile», sottolinea Isaac Tesfaye, rappresentante della Rete G2, formata dai ragazzi di seconda generazione, i figli dei cittadini stranieri nati o cresciuti in Italia.
Secondo le stime si tratta ormai di oltre un milione di ragazzi, cittadini di fatto, ma non per la legge. Per questo chiedono che la riforma sia attuata al più presto. Ma per la Rete G2 a mancare in questo momento è innanzitutto la volontà politica di portarla a compimento. Nonostante il presidente del Consiglio Matteo Renzi abbia più volte annoverato la nuova legge sulla cittadinanza come parte di quella «stagione dei diritti» che sarebbe dovuta iniziare con le unioni civili, per toccare poi altri temi sensibili, di fatto per le seconde generazioni questa stagione non sembra arrivare mai.
«Sappiamo che la riforma è frenata in parte dagli oltre settemila emendamenti presentati dalla Lega nord e dalle forze politiche del centro destra. Però va detto anche che per altre riforme in passato sono stati superati ostacoli e numeri di emendamenti ben superiori – aggiunge Tesfaye – Ci sembra che manchi la reale volontà di andare avanti: ogni volta che abbiamo contattato i responsabili del provvedimento c’è stato detto che sarebbe stato preso in considerazione, ma poi si è continuato a rimandare. La stessa relatrice della legge al Senato, Denis Lo Moro, ci assicura di voler chiudere al più presto. Ma a volerlo deve essere il Governo, l'intera maggioranza. La nostra paura è che questo provvedimento non venga mai approvato».
Il rischio del referendum costituzionale e la paura di continue strumentalizzazioni.
Se prima a frenare erano le elezioni amministrative, ora c’è il rischio che si rimandi ancora per dare spazio alla campagna sul referendum del 4 dicembre. Il Governo potrebbe non voler far rientrare nel dibattito pubblico un tema sensibile come questo a rischio continuo di strumentalizzazione, soprattutto dopo gli ultimi attentati in Europa.
La Lega Nord, in particolare, non smette di parlare di una legge che non serve all’Italia: «è un provvedimento rischioso, pensando agli esempi della Francia o del Belgio, pensando a quanto è accaduto in termini di sicurezza con questi ragazzi cui è stata regalata una cittadinanza che non sentivano loro, pensando a quanto accaduto di recente nelle Banlieu, a Molenbeek. Sono orgoglioso di aver bloccato in tutti questi mesi questa pessima proposta di legge e continuerò a farlo», sottolinea ancora oggi Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato e della Lega.
«Le forze politiche contrarie alla legge continuano a strumentalizzare il tema, ma bisogna distinguere i piani. Il caso dell’Italia è molto diverso da quello di Francia e Belgio, e poi bisogna ricordare che questa legge riguarda i minori – aggiunge Tesfaye – Al di là delle parole dei politici, oggi c'è un’opinione pubblica più consapevole, che è favorevole a questo provvedimento. Un provvedimento ultra garantista che propone uno ius soli molto temperato».
Cartoline ai senatori e flash mob in piazza per i diritti.
Proprio per sollecitare la ripresa dei lavori in Senato e la rapida approvazione del ddl, i ragazzi delle seconde generazioni, insieme a diverse associazioni, si stanno nuovamente mobilitando. Hanno lanciato una campagna online tirando fuori dal cassetto le vecchie cartoline di scuola, che dimostrano come siano tutti cresciuti nel paese che ancora oggi stenta a riconoscerli come cittadini. Il 13 ottobre, inoltre, in diverse piazze d’Italia, il coordinamento Italiani senza cittadinanza, ha proposto un flash mob. Vestiti da fantasmi i rgazzi di seconda generazione hanno chiesto di poter finalmente non essere più «cittadini illegittimi di questo paese».
A sostenere la mobilitazione anche le associazioni che fanno parte dell’Italia sono anch’io ( tra cui Arci, Asgi, Caritas italiana, Centro Astalli e Cnca), la campagna che ha raccolto oltre duecentomila firme per una proposta di legge popolare sulla cittadinanza.
«A un anno di distanza non solo la legge non è stata approvata, ma non è neanche iniziata la discussione nella competente Commissione Affari Costituzionali. Le promesse fatte dalla relatrice Lo Moro (Pd) e dalla presidente della Commissione Finocchiaro (Pd) nel corso di un'audizione con alcune delle associazioni promotrici della campagna risultano a tutt'oggi disattese. Allora la presidente si impegnò ad avviare la discussione dopo le elezioni amministrative di giugno. Sono passati 4 mesi ma della discussione non vediamo l'ombra – scrivono i promotori della campagna – Oltre un milione di giovani cresciuti e/o nati nel nostro paese sono condannati all'invisibilità, noi saremo con loro per chiedere al presidente del Senato Pietro Grasso di attivarsi per calendarizzare al più presto la discussione della riforma. Se non ora, quando?».