Presentato il 25° Rapporto Caritas-Migrantes. In Italia 5 milioni di cittadini stranieri, il 52,7 per cento donne
Presentato questa mattina a Roma il 25° RApporto Caritas-Migrantes che come ogni anno offre una fotografia esaustiva della situazione della popolazione straniera presente in Italia soffermandosi sulle situazioni che più di altre meritano attenzione. È il caso degli oltre 2 milioni di lavoratori immigrati che soffrono però di un trattamento economico inferiore anche del 30 per cento rispetto ai colleghi italiani. Sfatato inoltre il pregiudizio che vorrebbe straniera la maggioranza dei detenuti nelle nostre carceri: si tratta infatti del 30 per cento, in diminuzione.
Oltre 5 milioni di stranieri residenti in Italia (l’8,2 per cento della popolazione), di cui il 52,7 per cento donne. Sono soprattutto romeni, albanesi e marocchini (le tre nazionalità rappresentano il 41,3 per cento del totale) anche se in Italia sono presenti ben 198 nazionalità. Quasi il 60 per cento vive nelle regioni del Nord. Le regioni con il più alto numero di presenze sono Lombardia (23 per cento), Lazio (12,7), Emilia Romagna (10,7) e Veneto (10,2).
Sono i dati riferiti al 2015 che fanno da sfondo al 25° Rapporto immigrazione di Caritas italiana e Fondazione Migrantes presentato martedì 5 luglio a Roma, 500 pagine che raccontano la presenza della popolazione straniera in Italia come fenomeno oramai strutturale in tutti gli ambiti sociali. Tema dell’edizione di quest’anno è “La cultura dell’incontro”, per raccontare l’integrazione nei territori e sottolineare come l’Italia sia «molto di più di questa recente storia di migranti forzati». In termini numerici assoluti, nell’area Ue-28 gli stranieri residenti sono 35,2 milioni, con un aumento del 3,6 per cento rispetto al 2014. Di questi, il 21,5 per cento vive in Germania, il 15,4 nel Regno Unito, il 14,3 in Italia, il 12,4 in Francia. Caso singolare è il calo dei residenti stranieri in Spagna, diminuiti del 4,8 per cento. Nel 2014 in Italia sono state registrate 129.887 acquisizioni di cittadinanza italiana, con una crescita del 29%. Prevalgono le acquisizioni da parte dei marocchini e degli albanesi, presenti da più tempo in Italia
Mentre la retribuzione media mensile degli occupati italiani è di 1.356 euro, quella degli stranieri è di 965 euro, pari al 30% in meno. Il 41,7 per cento dei lavoratori stranieri rientra dunque nella categoria dei “working poor” (gli italiani sono il 14,9 per cento), e le donne sono le più penalizzate (59,3 per cento) perché lavorano in settori con livelli retributivi più bassi della media.
"Lavoratori poveri"
Secondo quanto emerge dal Rapporto Caritas-Migrantes, sono 2.360.307 i lavoratori stranieri in Italia (il 10,5 per cento del totale), di cui l’88,5 per cento è dipendente. Svolgono in maggioranza lavori meno qualificati (36,5 per cento rispetto al 7,9 per cento degli italiani) nei settori dei servizi collettivi e personali (29,8 per cento), nell’industria (18,4 per cento), nel settore alberghiero e della ristorazione (10,9 per cento), nelle costruzioni (9,6) e nel commercio (8,3). Nei servizi operano soprattutto le donne, nei cosiddetti settori delle “tre C”: caring, cleaning e catering (cura, pulizia e ristorazione). Anche se la maggioranza è impiegata come dipendente, nel 2014 sono aumentati del 6,2 per cento i titolari di imprese nati in un Paese extra-Ue: 335.452. Spiccano ancora le situazioni di sfruttamento e le disuguaglianze retributive, con molti part-time involontari che nascondono “lavoro grigio”.
Una scuola multietnica
Per quanto riguarda invece l'istruzione, il Rapporto comunica che nell’anno scolastico 2014-2015 erano 814.187 gli alunni stranieri nelle scuole italiane, di cui 445.534 nati in Italia, questi ultimi aumentati del 7,3 per cento rispetto all’anno precedente. Rappresentavano il 9,2 per cento della popolazione scolastica italiana, con una crescita annuale dell’1,4 per cento, segno di un insediamento stabile con la propria famiglia.
La scuola italiana insomma è sempre più multietnica, soprattutto nelle regioni del Nord: il valore più alto di alunni stranieri nelle classi è in Emilia Romagna (15,5 per cento), seguita da Lombardia (14,3) e Umbria (14,2). Nel Centro-Sud solo il Lazio arriva al 9,3 per cento, mentre l’incidenza più bassa è in Sardegna (2,3 per cento) e Puglia (2,6per cento).
Caritas e Migrantes rilanciano, in questa occasione, l’appello ad una rapida approvazione della legge sulla cittadinanza (licenziato dalla Camera e ora al vaglio del Senato) che prevede l’introduzione dello ius soli in forma temperata (uno dei genitori deve avere il permesso di soggiorno da almeno un anno) e un iter particolare per i minori stranieri arrivati da piccoli in Italia. «Nonostante le carenze per favorire l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione – ha affermato don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana – riteniamo sia comunque importante che i nostri politici diano un segnale chiaro di risposta alla volontà di integrazione delle nuove generazioni».
Carcere e mafie straniere
Ma il 25° Rapporto Caritas-Migrantes sfata anche uno dei pregiudizi più diffusi. Gli stranieri in carcere? Sono molto meno di quanto si pensi.
Su un totale di 52.164 detenuti gli stranieri sono il 33,24 per cento del totale (17.340), una cifra in diminuzione rispetto al 2009 quando erano il 37,1 per cento
C’è però un fatto nuovo: anche se è un dato residuale (95 detenuti) nel Paese sono entrate le mafie straniere, che agiscono affiliandosi alle mafie italiane. Anche se le nazionalità più rappresentate sono il Marocco (2.840 detenuti) , la Romania (2.821), l’Albania (2.423) e la Tunisia (1.893), i curatori del rapporto invitano a non fare «frettolose analisi che facciano concludere per l’attribuzione a determinati gruppi etnici di una maggiore propensione al crimine». Le cifre vanno lette, infatti, considerando che queste comunità sono le più numerose e di più antico insediamento in Italia. Tra i reati commessi: 8.192 contro il patrimonio, 6.599 contro la persona, 6.266 in violazione della legge sulla droga, 2.499 contro la pubblica amministrazione e 1.372 in violazione della normativa sull’immigrazione. Reati «di grande impatto sociale – si legge nel volume – che influiscono sulla percezione della diffusione criminale».