Il “piano Minniti” rallenta il numero degli sbarchi
Flussi dimezzati a luglio, quasi interrotti ad agosto. Il piano del ministro dell’Interno Marco Minniti sembra aver “normalizzato” il numero degli sbarchi. Nonostante la flessione negli arrivi, il costo dell’accoglienza supererà quasi sicuramente nel 2017 il tetto dei 5 miliardi. Assommano invece ad appena 130 milioni i contributi fin qui ottenuti dall’Unione europea per la gestione dell’emergenza, che di fatto pesa quasi completamente sul nostro paese
Il piano del ministro dell’Interno Marco Minniti per limitare i flussi incontrollati di migranti sembra aver “normalizzato” il numero degli sbarchi dagli inizi di luglio.
Nei primi sei mesi dell’anno in Italia sono arrivati 85 mila migranti, una progressione che avrebbe compromesso seriamente la capacità materiale di una accoglienza dignitosa nel nostro paese. A fine giugno gli arrivi via mare superavano del 18,71 per cento quelli del 2016 (un altro anno comunque di enorme pressione relativa ai flussi), 13.138 in più rispetto ai 70.122 sbarcati nel primo semestre attraverso la rotta libica.
In linea generale ciò che il titolare del Viminale avrebbe “concordato” ai massimi livelli politici e diplomatici europei riguarda innanzitutto il controllo dell’operatività delle Ong che si occupano dei soccorsi nel Mediterraneo, in modo da evitare che la loro attività apra di fatto un corridoio umanitario non autorizzato dalla Libia all’Italia. Un monitoraggio delle acque antistanti la Libia da effettuarsi in combinato con una nuova cooperazione rafforzata con le autorità libiche.
Come detto, i flussi rispetto allo stesso periodo del 2016 si sono dimezzati a luglio (-51,35 per cento), quasi interrotti nella prima parte di agosto (-76 per cento).
Va detto che, per quanto concerne la gestione delle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo e le conseguenti operazioni di smistamento nei vari porti europei, lo “spartiacque” della politica italiana sulla questione è dato senza dubbio dall’approvazione del codice di condotta delle ong (organizzazioni non governative). Tredici punti che hanno spaccato il fronte delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare, visto che non tutte hanno firmato il memorandum.
Il punto uno è dirimente: «Non entrare nelle acque libiche, salvo in situazioni di grave e imminente pericolo e non ostacolare l’attività della Guardia costiera libica».
Al punto 3 si stabilisce un altro nodo fondamentale: «Non fare comunicazioni per agevolare la partenza delle barche che trasportano migranti».
E ancora al punto 10, in merito allo stretto controllo dell’operatività all’interno delle navi: «Ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali competenti, eventualmente e per il tempo strettamente necessario, funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico».
E per sgombrare il campo dal complottismo circa le finalità dei soccorsi delle Ong:«Dichiarare le fonti di finanziamento alle autorità dello stato in cui l’ong è registrata» (punto 11).
Nonostante la flessione negli arrivi, oltre alla tenuta dell’ordine pubblico e alla difficoltà di reperire strutture decorose per i migranti, gli sbarchi hanno impattato in misura considerevole anche sui nostri conti pubblici.
Circa 4,3 miliardi di euro nel 2017, ma è più probabile che si arrivi a sfondare il tetto dei 5 miliardi, come messo in previsione nelle stime del governo. 5 miliardi cui vanno detratti circa 130 milioni di contributi europei per la gestione dell’emergenza, che di fatto pesa quasi completamente sul nostro paese.