Accogliere altri profughi? Sì, «ma non nel mio porto»
Dall’inizio dell’anno sono 84.830 i migranti e i rifugiati arrivati in Italia via mare, un aumento del 19 per cento rispetto agli sbarchi del 2016. Mentre l’emergenza ha assunto dimensioni insostenibili per il nostro paese, l’Unione europea è paralizzata dal rifiuto di diversi paesi a dare seguito alla ridistribuzione dei migranti. Le conseguenze politiche della crisi rischiano di farsi alla lunga insostenibili per le istituzioni comunitarie.
Il rischio che l’Unione Europea imploda di fronte al dramma dei migranti che sbarcano nelle coste italiane è altissimo. Più che per le questioni economiche, l’Europa nella politica comune dell’accoglienza e di conseguenza anche del contenimento dei flussi migratori rischia davvero di spaccarsi tra Nord e Sud. Un Sud che è rappresentato dalle coste italiane e greche, per geografia “costrette” ad accogliere e un Nord – Germania, Francia e blocco continentale e dell’Est – che non ne vuole sapere concretamente di riaprire alla redistribuzione dei migranti.
L’incontro a Parigi dei ministri degli interni di Germania, Francia, Italia e del commissario europeo Dimitris Avramopoulos non ha prodotto risultati davvero concreti, anche se ne è scaturita una bozza di documento che l’Italia presenterà al vertice in Estonia con i ministri degli interni di tutti e 28 i paesi.
Il nodo più difficile da sciogliere concerne l’ipotesi di far sbarcare i migranti anche in porti di altri paesi.
Ci sono sul tavolo anche grandi difficoltà sulla contribuzione finanziaria: il Fondo fiduciario d’emergenza registra un saldo di soli 89 milioni di euro. Per rendere la gravità della situazione è rilevante riportare un dato di cronaca. Il ministro degli interni Minniti la scorsa settimana era in volo per Washington per impegni istituzionali, ma di fronte ai continui e inarrestabili sbarchi ha dovuto far dietrofront.
Non fanno comunque presagire un cambio di passo decisivo le parole del neo-presidente francese Emmanuel Macron.
«Bisogna condurre in maniera coordinata in Europa un’azione efficace e umana che ci permetta di accogliere i rifugiati politici che corrono un rischio reale perché fa parte dei nostri valori, senza confonderli con i migranti economici e senza abbandonare l’indispensabile mantenimento delle nostre frontiere».
Intanto dall’inizio dell’anno sono 84.830 i migranti e i rifugiati arrivati in Italia via mare, un aumento del 19 per cento rispetto agli sbarchi del 2016. Sempre dall’inizio dell’anno circa duemila persone sono morte nel Mediterraneo.
Almeno sulla carta Angela Merkel e Macron hanno assicurato «il loro impegno per accrescere i loro sforzi in tema di relocation» e la volontà di regolamentazione delle azioni e dei finanziamenti delle Ong, con più fondi per consentire alla Libia il controllo delle proprie coste. Solo nell’ultima settimana nel tratto di mare fra Italia e Libia sono state soccorse quasi 20 mila persone.
Di buon senso le parole del premier Gentiloni al termine del vertice comunitario
«L’Italia intera è mobilitata per far fronte ai flussi e chiede una condivisione che è necessaria se si vuole tener fede alla propria storia e ai propri principi, ma anche per evitare che i flussi diventino insostenibili alimentando reazioni ostili».
Il rischio concreto è una vera e propria sensazione di impotenza e paura d’invasione, che bloccherebbe anche quello spirito di accoglienza che accomuna gran parte degli italiani.