Papa Francesco: “chiudere la porta ai migranti è un suicidio. La generosità dal Sud possa contagiare un po’ il Nord”
“Pensiamo alla crudeltà, la crudeltà che oggi si accanisce sopra tanta gente, lo sfruttamento della gente… La gente che arriva in barconi e poi restano lì, nei Paesi generosi, come l’Italia, la Grecia, che li accolgono, ma poi i trattati internazionali non lasciano… Se in Italia si accogliessero due migranti per municipio, ci sarebbe posto per tutti”.
Così Papa Francesco, prima di andare via dalla basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, dove sabato si è svolta la preghiera per i “nuovi martiri”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio.
“Questa generosità del Sud, di Lampedusa, della Sicilia, di Lesbo – ha proseguito Francesco – possa contagiare un po’ il Nord. È vero: noi siamo una civiltà che non fa figli, ma anche chiudiamo la porta ai migranti. Questo si chiama suicidio”.
Durante la visita alla basilica di San Bartolomeo all’Isola, luogo memoriale dei “Nuovi Martiri”, Papa Francesco ha anche benedetto una piccola scultura di legno dipinto, raffigurante una colomba, che proviene dall’iconostasi di un’antica chiesa di Aleppo, bombardata durante l’assedio della città. A porgerla al Pontefice, un rifugiato siriano di Aleppo, giunto in Italia attraverso i corridoi umanitari.
Dopo la benedizione del Papa, la colomba è stata posta sull’altare della cappella che custodisce le memorie dei martiri dell’Asia e del Medio Oriente.
Al termine della sua visita alla basilica di San Bartolomeo all’Isola, il Santo Padre ha incontrato un gruppo di rifugiati accolti dalla Comunità di Sant’Egidio. Tra questi, Tadese Fisaha, giovane eritreo sopravvissuto di Lampedusa, che ha donato al Papa una cartolina raffigurante i volti delle vittime del terribile naufragio del 3 ottobre 2013.
“Due sono stati i vertici della visita di Papa Francesco alla basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina: il grido per i rifugiati, il dramma della chiusura, l’ingiustizia dell’Europa e un discorso allo stesso Vecchio Continente, da un lato, e il messaggio profondo del martirio, dall’altro”.
Lo dice Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, a conclusione della preghiera per i nuovi martiri.
“È sembrato – fa notare Riccardi – che il Papa si volesse immergere in un clima di luogo santo”.
Francesco tra meno di una settimana andrà in Egitto, dove incontrerà anche Papa Tawadros II: “Il sangue dei martiri – osserva il fondatore della Comunità di Sant’Egidio – è decisivo nel tema dell’unità, perché, come diceva Giovanni Paolo II, nel sangue dei martiri siamo già uniti”.
Papa Francesco ha usato parole molto forti verso la chiusura del nostro mondo occidentale. Cosa insegnano i “nuovi martiri” all’Europa di oggi?
“L’Europa – risponde Riccardi – è chiusa all’altro ed è chiusa a Dio, ma è anche percorsa da religiosità vaporose e svuotate. Il Papa ci ha richiamato alla fede del Vangelo che è una fede concreta, che fa cadere i muri, ed è la fede per la quale sono morti i nuovi martiri”.
Martiri che “richiamano la Chiesa ad essere povera, umile, umana, capace di essere profetica per la nostra Europa”.