Il duetto Roberts e Clooney in “Ticket to Paradise”. In streaming “La musica di 007” (Prime Video) e “Hocus Pocus 2” (Disney+)
Due veri mattatori! Julia Roberts e George Clooney: insieme hanno recitato più volte, da “Ocean's Eleven” (2001) a “Money Monster” (2016), ritrovando ora lo stesso copione con “Ticket to Paradise” di Ol Parker (dal 6 ottobre al cinema), una rom-com degli equivoci, a sfondo familiare. In streaming: su Prime Video si celebrano i 60 anni di James Bond con il documentario “La musica di 007” (“The Sound of 007”) di Mat Whitecross, viaggio emozionale tra le celebri note e canzoni dei 25 titoli dedicati all’eroe di Ian Fleming; ancora, su Disney+ “Hocus Pocus 2” di Anne Fletcher, sequel della commedia a tinte dark con le dive Bette Midler, Sarah Jessica Parker e Kathy Najimy
Due veri mattatori! Julia Roberts e George Clooney: lei è il sorriso più iconico di Hollywood, Premio Oscar per “Erin Brockovich” (2001) e nell’immaginario comune sempre la Vivian Ward di “Pretty Woman” (1990); lui è un attore, regista e produttore acuto, raffinato, erede di Cary Grant, vincitore dell’Oscar per “Syriana” (2006). Insieme hanno recitato più volte, da “Ocean’s Eleven” (2001) a “Money Monster” (2016), ritrovando ora lo stesso copione con “Ticket to Paradise” di Ol Parker (dal 6 ottobre al cinema), una rom-com degli equivoci, a sfondo familiare. In streaming: su Prime Video si celebrano i 60 anni di James Bond con il documentario “La musica di 007” (“The Sound of 007”) di Mat Whitecross, viaggio emozionale tra le celebri note e canzoni dei 25 titoli dedicati all’eroe di Ian Fleming; ancora, su Disney+ “Hocus Pocus 2” di Anne Fletcher, sequel della commedia a tinte dark con le dive Bette Midler, Sarah Jessica Parker e Kathy Najimy.
Il punto Cnvf-Sir.
“Ticket to Paradise” (al cinema)
Julia Roberts è una delle regine indiscusse della commedia brillante e rom-com (“romantic comedy”) di matrice hollywoodiana.
Sin dai suoi esordi, sul finire del decennio ’80, il tracciato era chiaro: “Mystic Pizza” (1988), “Pretty Woman” (1990), “Il matrimonio del mio migliore amico” (1997) e “Notting Hill” (1999). Dopo l’Oscar all’inizio del nuovo Millennio, l’attrice ha sentito l’esigenza di esplorare altri generi, storico-sociale (“Closer”, 2004; “I segreti di Osage County”, 2013; “Gaslit”, 2022) o caratterizzazioni del ruolo materno (“Wonder”, 2017; “Ben is Back”, 2018). Eccola tornare ora sul grande schermo con una commedia ad alto tasso di risate: “Ticket to Paradise”, dove da un lato ritrova la spalla George Clooney, dall’altro rilancia il genere della rom-com che ultimamente era andato un po’ sbiadendo nell’industria a stelle e strisce.
La storia. Stati Uniti, oggi. Georgia (J. Roberts) e David (G. Clooney) sono due ex coniugi che a malapena riescono a sopportarsi. La laurea della figlia Lily (Kaitlyn Dever) diventa l’occasione per affilare nuovamente i coltelli; quando la ragazza però comunica loro la volontà di sposarsi con un coetaneo incontrato in Thailandia, Georgia e David stipulano un “pericoloso” sodalizio per fermare le nozze: Lily è ancora troppo giovane, non può commettere il loro stesso “errore”.
Diciamolo chiaro, a dare sostanza e ritmo al film è la coppia Roberts-Clooney. I loro tempi comici, l’evidente sintonia e simpatia che li lega, diventano la bussola in un copione un po’ confuso e patinato.
“Ticket to Paradise” volteggia leggero e brioso grazie ai due interpreti, che si mettono in gioco attraverso gag comiche fisiche e verbali, onorando la consolidata tradizione della “screwball comedy” sul modello di “Susanna!” (“Bringing Up Baby”, 1938) di Howard Hawks, con la coppia d’assi Katharine Hepburn e Cary Grant. Lì però, oltre ai due raffinati interpreti, c’era anche una regia solida e una scrittura serrata. In “Ticket to Paradise”, diretto da Ol Parker (“Mamma Mia! Ci risiamo”), il punto debole sembra risiedere proprio nella sceneggiatura firmata dallo stesso Parker con Daniel Pipski, un copione che corre su un binario già visto, declinato con soluzioni modeste.
Nell’insieme “Ticket to Paradise” è una proposta godibile, incentrata sul senso del matrimonio come scelta consapevole
e sul valore dei legami familiari, sul bisogno di riparare quelli sfibrati o induriti dalle intemperie della vita. Consigliabile, semplice.
“La musica di 007” (Prime Video)
Da pochi giorni la saga cinematografica di James Bond ha compiuto 60 anni. Era infatti il 5 ottobre del 1962 quando usciva nei cinema “Licenza di uccidere” (“Dr. No”, 1962) di Terence Young, il primo film ispirato al celebre personaggio dell’agente segreto al servizio di sua Maestà creato da Ian Fleming e con il volto indimenticabile di Sean Connery.
Dopo sei decenni e 25 titoli – tutti disponibili sulla piattaforma Prime Video di Amazon –, arriva un gustoso e imperdibile documentario che ne celebra il mito e il ruolo fondamentale della musica, tra colonna sonora e canzoni originali.
Parliamo di “La musica di 007” (“The Sound of 007”) diretto da Mat Whitecross, regista dei doc musicali “Oasis: Supersonic” (2016) e “Coldplay: A Head Full of Dreams” (2018).
Nel film troviamo tutti i protagonisti del mondo musicale di Bond, dalle testimonianze del cinque volte Premio Oscar John Barry – autore del tema insieme al collega Monty Norman – ai recenti compositori David Arnold, Thomas Newman e Hans Zimmer, che hanno rivisitato le note originarie tra rispetto e sperimentazione. Tra gli interpreti, poi, che intervengono diffusamente nel documentario troviamo i Premi Oscar Sam Smith (“Writing’s on the Wall”, 2016) e Billie Eilish (“No Time To Die”, 2022): stupende le prove di incisione della Eilish, con il fratello musicista Finneas O’Connell e Hans Zimmer.
Ancora, interessanti e coinvolgenti le testimonianze di Shirley Bassey, Louis Armstrong, Carly Simon, Paul McCartney e Tina Turner. Tra i passaggi più toccanti, si segnala il momento in cui la produttrice Barbara Broccoli, che ha raccolto l’eredità del padre Albert Broccoli storico produttore di Bond, ricorda la mancata collaborazione con Amy Winehouse, artista britannica scomparsa prematuramente nel 2011.
Il doc “La musica di 007” è una risposta esauriente alle curiosità dei fan della saga, ma anche un godibile pamphlet per i neofiti del ciclo,
quelli probabilmente più legati ai cinque riusciti titoli targati Daniel Craig, vigoroso interprete che ha conferito più spessore e introspezione all’agente segreto: ha portato sì più muscoli, ma anche maggiore umanità e permeabilità ai sentimenti. Un Bond di certo indimenticabile, proprio come quello di Sean Connery. Consigliabile, semplice.
“Hocus Pocus 2” (Disney+)
Quasi trent’anni dopo “Hocus Pocus” (1993), commedia fantastica diretta da Kenny Ortega, arriva l’atteso bis, soprattutto per rivedere nei panni delle streghe svaporate, le sorelle Sanderson, le dive Bette Midler (“Affari d’oro”, “Il club delle prime mogli”), Sarah Jessica Parker (“Sex and the City”, “La neve nel cuore”) e Kathy Najimy (“Sister Act”, “Prima o poi mi sposo”). Cambio di passo nella regia, con l’ingresso di Anne Fletcher (“Ricatto d’amore”).
La storia. Salem, Stati Uniti oggi. 29 anni dopo la loro ultima apparizione, le temibili streghe Sanderson, le sorelle Winnie, Mary e Sarah, trovano il modo di reimpossessarsi di un potente libro di magia nera per recitare l’incantesimo più pericoloso e oscuro, che schiuderà loro la via del potere e dell’eternità. A ostacolarne i piani tre liceali Becca, Izzy e Cassie (rispettivamente Whitney Peak, Belissa Escobedo e Lilia Buckingham).
Va detto subito, il film di matrice hollywoodiana è un chiaro prodotto narrativo pensato per l’autunno, in coincidenza con il tradizionale appuntamento americano di Halloween.
Si tratta di una commedia d’atmosfera che gioca con il fantastico, soprattutto con i topos streghe, magia e morti viventi. Il taglio che imprime la Disney è ovviamente quello della commedia familiare, pensata dai preadolescenti in su.
“Hocus Pocus 2” riesce a trovare fascino e divertimento per la caratterizzazione fisica e canora delle tre protagoniste Bette Midler, Sarah Jessica Parker e Kathy Najimy, sempre brave e sorprendenti. Anche qui, però, come in “Ticket to Paradise”, c’è un problema di scrittura:
il film risulta una reunion simpatica e frizzante che sposa l’angolatura della performance attoriale, ma il copione e il modo in cui è governato il racconto spesso scricchiolano.
La struttura, infatti, appare troppo lineare, prevedibile, senza lampi di originalità. “Hocus Pocus 2” è futile, semplice.