Sedazione e contenzione: l'autismo nei reparti di psichiatria
De Martis (Angsa) commenta la vicenda del ragazzo che, in provincia di Bari, si è lanciato dal balcone, durante una violenta crisi. “Mancano, in tutta Italia, centri specializzati, pure previsti dalle Linee di indirizzo. E' un dramma nel dramma dell'autismo”
ROMA – Per l'autismo e le sue emergenze mancano servizi, strutture adeguate e personale formato: e così, “di fronte a una crisi non si sa come intervenire e l'unica soluzione che si offre è un reparto di psichiatria, con relativa sedazione e contenzione. Fino al rientro in famiglia”. Così Benedetta De Martis, presidente nazionale di Angsa (associazione nazionale genitori soggetti autistici), commenta la vicenda del ragazzo autistico che, alcuni giorni fa, in provincia di Bari, si è lanciato dal balcone, durante una violenta crisi. Se l'è cavata con qualche frattura e un trauma all'occhio, ma lo spavento e la solitudine dei familiari sono ciò che da questa storia emerge con assoluta chiarezza. Tante e vane infatti le telefonate ai numeri di emergenza, prima che il ragazzo compisse il drammatico gesto: sembrava che nessuno, dai sanitari alle forze dell'ordine, sapesse come intervenire. E così è, secondo Benedetta De Martis.
“Quello del periodo estivo è un dramma comune alle nostre famiglie: si accentua il disagio di ragazzi che hanno bisogno di routine, ma che in estate s'interrompe. È una questione che non riguarda le linee guida ma le linee d'indirizzo. E tanto c'è da fare: formare i medici delle ambulanze, ma anche le forze dell'ordine, che non sanno comportarsi di fronte a una crisi”. Accanto al problema degli operatori, c'è quello delle strutture: “Non ci sono in Italia centri specializzati, capaci di accogliere temporaneamente le persone con autismo nei periodi di emergenza. Quindi, quando si verifica una crisi grave, i nostri ragazzi vengono portati in emergenza nei reparti di psichiatria, che non rappresentano certo un ambiente idoneo, con pazienti che spesso urlano e medici e infermieri che non conoscono l'autismo. Per questo, si arriva quasi sempre alla contenzione e alla sedazione. Si cerca di contenere l'agitazione con i farmaci, per poi rispedire al più presto queste persone a casa, dove le famiglie si ritroveranno a che fare con gli stessi problemi, visto che non ne è stata individuata né indagata la causa”.
Questo scenario dovrebbe in realtà essere stato superato da un pezzo: “Le linee di indirizzo chiedono alle regioni di dotare ogni capoluogo di almeno un centro specializzato, una struttura adeguata, che sia alternativa al reparto di psichiatria, in cui le persone con autismo possano essere accolte in modo idoneo”.
Per De Martis, in sintesi, siamo di fronte a quello che è “un dramma nel dramma dell'autismo: l'incapacità e la poca formazione a tutti i livelli. Non ci sono soluzioni facile e pronte: serve la volontà politica di mettere in atto soluzioni in tutte le regioni, nessuna esclusa, perché questo problema riguarda tutta Italia. Lo chiediamo a gran voce da tanto tempo, ma ancora attendiamo la risposta”.