Kabli, tra successi universitari e il sogno della cittadinanza
Le difficoltà economiche di una famiglia numerosa, le borse di studio all’Università di Catanzaro, il dottorato di ricerca in finanza sociale che lo porta fino a Marsiglia. Ma anche la speranza di diventare cittadino italiano “per vivere pienamente”
CATANZARO – “Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme”: cita questo proverbio africano per descrivere la sua storia, Abdellah Kabli, ventinove anni ad agosto, di origine marocchina, ma ormai con il cuore in Italia, in Calabria, nel posto per lui speciale, Pianopoli, paese tra Catanzaro e Lamezia, dove vive dall’età di tredici anni. Una storia di successi, ma anche di traguardi da raggiungere. E il “sogno più importante” da realizzare: ottenere finalmente la cittadinanza italiana.
Il 7 luglio del 2003 è una data cruciale per Abdellah Kabli, o più semplicemente Kabli, come tutti ormai lo chiamano: è infatti la data del suo arrivo in Italia. Di quel giorno Kabli ricorda le lacrime agli occhi, i suoi occhi neri da cui oggi traspare umiltà ma anche determinazione. Di quel periodo torna in mente il primo giorno di scuola media, il sentirsi diverso dagli altri ragazzi, la voglia di tornare in Marocco. La terra dei suoi genitori, di suo padre, giunto in Italia alla fine degli anni Settanta per vivere come venditore ambulante, il paese di suo zio, professore di letteratura araba, da cui il giovane impara come studiare. Giorni difficili che diventano meno bui quando Kabli vive le piazze dei paesini calabresi, nei mercati, per dare una mano a suo padre, “stando tra la gente come piace a me”, dice.
Proprio in quel periodo, qualcosa di buono accade. Nel 2003 Kabli parla soltanto il francese: è dunque costretto a passare dalla terza classe alla prima. Un male, si potrebbe pensare. E invece no. “Perché in prima media - scandisce gioioso e con orgoglio - incontro il mio amico, il vero amico, colui che mi ha detto sempre “vai” e che mi ha dato forza”. Si tratta di Pierpaolo Filippa, di cui Kabli vuole indicare nome e cognome. Il ragazzo che lo incoraggia a frequentare l’università, la “Magna Graecia” di Catanzaro, dove il giovane ottiene sempre borse di studio e si laurea con lode in Economia aziendale e management. L’ateneo dove oggi, forte di una nuova borsa di studio, è al secondo anno del dottorato di ricerca in finanza sociale, “un modello di finanza che pensa alle persone, al loro benessere, all’ambiente, prima ancora che al profitto”.
Grazie a quell’amico sempre disponibile ad aiutarlo “anche economicamente” e “grazie all’impegno personale”, Kabli riesce a superare le difficoltà di una famiglia numerosa. “Oggi - racconta - siamo in cinque, ma prima che i miei fratelli si sposassero eravamo in nove. Le borse di studio sono state per me tutto, significano autonomia, mi hanno consentito di acquistare un’automobile per andare all’università, e ho potuto fare iscrivere uno dei miei fratelli alla facoltà di Economia dell’Unitelma Sapienza di Roma: si è diplomato con cento, sarebbe stato un peccato non dargli questa possibilità”.
“Se vuoi andare lontano, vai insieme”, si diceva. Un concetto che Kabli ripete pensando all’accoglienza della sua Pianopoli: “Sono pianopolitano”, precisa fiero. Una massima di saggezza popolare che gli torna in mente nominando una per una le persone, i professori, che lo hanno fatto sentire a casa. “Perché anche se non pago l’Imu - dice scherzando - per me l’università è casa. Sto qui dalla mattina alla sera, è una palestra di vita”.
Il pensiero va a docenti, a ricercatori, e alla collega di dottorato Eugenia Strano, al suo fianco mentre va avanti l’intervista. Cita poi la professoressa Annarita Trotta, ordinario di Economia degli intermediari finanziari, sua tutor in questi anni di dottorato: “Lei mi insegna le cose con il cuore”. E poi: la professoressa Aquila Villella, conosciuta al suo primo corso, quello in diritto privato. E ancora: i docenti Vittorio Daniele, Rosella Carè, Maria Colurcio.
“Ognuno di loro - continua Kabli - mi ha dato tanto. Li cito perché se cogliamo il meglio delle persone, si determina un vantaggio per tutti”. In questo senso “il ruolo degli educatori conta molto. Perché a volte basta un sorriso o un professore che ti tranquillizza mentre fai un esame per poter dare il meglio”. Un tema, quello del sostegno e del dare fiducia, associato anche al tema dell’immigrazione: “L’immigrazione può essere una risorsa come non lo può essere, dipende da come viene gestita. Se gli immigrati vengono valorizzati, nel lungo periodo si possono vedere gli effetti positivi” in un mondo “che cambia”. Un mondo, ragiona lo studente, che non può fermare le masse umane e le aspirazioni delle giovani generazioni nate e cresciute in Italia.
Anche Kabli si sente e si definisce una risorsa. E lo pensa chi crede in lui. Come la professoressa Trotta. Che orgogliosa fa sapere di un altro risultato raggiunto: da aprile, e per due mesi, per il suo allievo si aprono le porte della Kedge Business School di Marsiglia, in Francia, per la guida del professor Thomas Lagoarde-Segot, “uno dei massimi esperti a livello mondiale - sottolinea Trotta - in questi ambiti di ricerca” della finanza sociale.
Va dunque lontano, Kabli. Lontano, ma insieme. Come recita il solito proverbio africano. Passi in avanti compiuti “con il mio impegno, ma anche con la fortuna” rappresentata dalle persone che confidano in lui, spiega il giovane richiamando i concetti di virtù e fortuna del pensiero machiavelliano. E però, filosofia a parte, qui e ora, il suo “sogno fondamentale è quello di ottenere la cittadinanza italiana”, finora negata per la mancanza del requisito dei redditi. Un diniego “che secondo me - sostiene - non è giusto, perché andrebbe considerato il percorso complessivo delle persone”, fatto di studi, impegno, di meriti, oltre il reddito.
“Tutto questo - continua - è incostituzionale. La Costituzione dice che siamo tutti uguali nella diversità. Rispetto agli studenti che hanno fatto il mio stesso percorso, non posso partecipare ai concorsi come invece possono fare loro. In un altro Paese sarei visto come una risorsa. Mentre qui lo Stato prima investe su di me, mi fa studiare, ma poi non punta ad avere un ritorno rispetto al suo investimento”. E il risultato è presto detto: “Mi sento un ibrido”, né italiano, né straniero, “come quando sai guidare, ma non ti vogliono dare la patente”.
“Bisogna capire - è quindi l’appello - che il mondo sta cambiando e che non si può restare ancorati al passato radicando odio. Anche perché, altrimenti, con la “fuga dei cervelli” in Italia non rimarrà più nessuno”. L’Italia, appunto. Il posto dove Kabli vuole rimanere, senza dimenticare il Marocco, “dove tornerò solo da turista, da viaggiatore”. L’Italia e il sogno della cittadinanza da conquistare “per fare politica attiva, per cercare di cambiare le cose, per vivere a trecentosessanta gradi, per vivere pienamente”. (Francesco Ciampa)