Disabilità, la denuncia: centro estivo non fa rima con inclusivo

Orari e giorni imposti, supporti a pagamento e condizioni discriminanti. L'associazione Pepitosa in carrozza: “Troppi centri estivi non sono accessibili né inclusivi: questo è deleterio per i bambini con disabilità, soprattutto intellettive, non essere stimolati durante tutto il periodo tra la chiusura e la riapertura della scuola. Risolvere la situazione sia priorità istituzionale”

Disabilità, la denuncia: centro estivo non fa rima con inclusivo

“Troppi centri estivi non sono accessibili né inclusivi: è deleterio per i bambini con disabilità, soprattutto intellettive, non essere stimolati durante tutto il periodo tra la chiusura e la riapertura della scuola”: la denuncia di questa “triste realtà” arriva dall'associazione Pepitosa in carrozza: “Dovrebbe essere priorità istituzionale risolvere la situazione: tantissimi bambini non riescono nemmeno ad accedere ai centri estivi per problemi burocratici (o di natura strutturale). Ad oggi in tantissimi centri estivi comunali, le famiglie si devono accontentare dell’offerta di ore di educativa ad personam, proposta che il più delle volte, non rispecchia l’effettiva esigenza, perché non è garantita la possibilità di iscriversi per la frequenza desiderata e non per quella imposta dalle amministrazioni, in nome di regolamenti discriminatori. Si parla di monte ore da non sforare per mantenere la gratuità del servizio – continua Valentina Tomirotti, fondatrice dell'associazione e lei stessa 'Pepitosa in carrozza' – ma anche di tempistica nettamente inferiore alla frequenza degli altri coetanei: non tutte le settimane o tutte le ore giornaliere. Il centro estivo non rientra nell’educativa obbligatoria, come la scuola, quindi è soggetto a regolamentazione territoriale, ma il buon senso sembra essere sopraffatto dalla pura economicità”, osserva.

Per questo, Tomirotti si è rivolta all’ufficio anti-discriminazione di Ledha Milano per un consulto mirato e il verdetto ha confermato l’atto discriminatorio e lesivo dell’applicazione di queste regole non legiferate: “ Lente gestore – riferisce Ledha - deve adottare tutte le misure e gli accomodamenti ragionevoli necessari a garantire a tutti un’adeguata frequenza e partecipazione al centro su base di uguaglianza, anche attraverso eventuali figure di supporto specializzato, se necessarie, senza l’imposizione di alcun onere ulteriore rispetto agli altri”.

I Comuni, di fatto, non possono rifiutare l’iscrizione di un bambino con disabilità o limitarne la frequenza, dichiarandosi non in grado di garantire l’assistenza necessaria per permettere la sua piena inclusione. “Per non porre in atto una discriminazione sanzionabile ai sensi della legge n. 67 del 2006 – afferma ancora Ledha – l'amministrazione è tenuta a valutare caso per caso, analizzando la situazione e le esigenze specifiche del/la singolo/a bambino/a con disabilità, per decidere quale sia di fatto la sua necessità di supporto. Alla luce di questo qualsiasi richiesta di contribuzione per usufruire del servizio di assistenza educativa necessario a frequentare il centro estivo configura una grave discriminazione fondata sulla disabilità, come tale è vietata dalla Legge n. 67 del 2006. Allo stesso tempo, definire a priori il numero massimo di ore di assistenza, senza che siano valutate le esigenze specifiche del bambino o della bambina con disabilità, costituisce una pratica illegittima e irragionevole, dal momento che il servizio di assistenza costituisce un servizio indispensabile e strumentale alla frequenza in condizioni di pari opportunità, come previsto dall’art. 30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”.

Commenta Tomirotti: “Quando parliamo di bambini con disabilità pensiamo di cavarcela definendoli speciali, ma poi al momento della pratica, dell’agire, da speciali si trasformano in pesi sociali. Qualche Comune si è sentito chiamato in causa dalla nostra presa di posizione e ha aggiustato il proprio Regolamento comunale, lasciando libertà di frequenza e supporto gratuito dell’educativa ad personam. Altri stanno facendo finta di niente, rimandando all’anno prossimo o specificando che hanno comunque a cuore il bene delle persone con disabilità. Improvvisamente sento la frase: è tempo di rivendicare un sistema di reale inclusione, che permetta a questi bambini di frequentare i centri estivi come tutti gli altri coetanei”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)