Allarme peste suina in Bulgaria: ammazzati 130mila maiali, proteste degli allevatori
Casi della malattia fortemente infettiva per i maiali sono stati riscontrati anche in Romania e Slovacchia. A rischio sono interi settori di allevamento di maiali mentre si aspetta un aumento di oltre il 50% del prezzo della carne suina. Le conseguenze dell'epidemia sono devastanti, finora in Bulgaria sono stati ammazzati circa 130mila maiali da un totale di 600mila, mentre i danni finanziari ammontano ad oltre un miliardo di euro
È un’estate focosa in Bulgaria non solo per le alte temperature, ma soprattutto per l’allarme peste suina africana che sta travolgendo il Paese balcanico e non solo. Casi della malattia fortemente infettiva per i maiali sono stati riscontrati in Romania e Slovacchia. A rischio sono interi settori di allevamento di maiali mentre si aspetta un aumento di oltre il 50% del prezzo della carne suina. Il punto della situazione nel racconto di Hristo Naydenski, direttore dell’Istututo per microbiologia, e del sacerdote cattolico don Rumen Stanev.
“E’ una situazione molto allarmante per la Bulgaria, che sta rischiando di perdere tutto il settore di allevamento di maiali” ha affermato il commissario europeo per la salute Vytenis Andriukaitis riguardo l’epidemia di peste suina africana. “Il virus è presente in Romania già da un anno e da lì probabilmente è arrivato nella Bulgaria del nord, da dove si è diffuso ormai in quasi tutto il territorio” spiega Hristo Naydenski, direttore dell’Istituto per microbiologia presso l’Accademia delle scienze bulgara. Le conseguenze dell’epidemia però sono devastanti, finora sono stati ammazzati circa 130mila maiali da un totale di 600mila, mentre i danni finanziari ammontano ad oltre un miliardo di euro”. “Molto probabilmente – spiega l’esperto –
la Bulgaria dovrà riavviare da capo l’allevamento industriale dei maiali, il virus che non è pericoloso per l’uomo soprattutto se la carne è stata sottoposta a trattamento termico, è però fortemente contagioso e si trasmette da insetti, da impacchettature di carne contaminata, da pezzi di terra e frumento”.
“Per ora non esiste un vaccino e le uniche misure possibili – rileva Naydenski – sono diminuire drasticamente il numero sia dei maiali domestici che di quelli selvatici e disinfettare gli spazi di allevamento”.
Un problema di grande impatto sociale. Queste misure però hanno toccato anche i produttori individuali che allevano qualche maiale nel loro cortile e ora sono stati costretti ad ammazzarlo. “In Bulgaria di tradizione molti nei paesini e nelle piccole città allevano dei maiali nei cortili di casa”, racconta don Rumen Stanev, parroco della chiesa “San Michele Arcangelo” a Rakovski dove tutti sono stati costretti ad ammazzare i maiali.
“La gente ha sofferto moltissimo, ha pianto anche perchè per molti pensionati con pensioni di 100 euro allevare un maiale significa sopravvivere durante l’inverno”, prosegue il sacerdote convinto che “le misure sono troppo drastiche e le autorità hanno agito con ritardo”.
“Da un anno si sapeva che il virus era alle porte del Paese ma il numero dei maiali selvaggi non è stato ridotto drasticamente”, afferma don Stanev, a suo avviso “le autorità dovevano informare di più i cittadini, invitarli a registrare i maiali domestici, altrimenti ora molti non riceveranno alcuna ricompensa”. “In questo modo – continua – si contrappongono i produttori industriali a quelli amatoriali e si crea tanta tensione, infatti in molte parti della Bulgaria ci sono proteste e strade bloccate”.
Un virus molto resistente. Una prevenzione mancata? Anche Naydenski concorda con il sacerdote cattolico che le autorità potevano fare di più, ma sottolinea “che ammazzare i maiali è l’unica soluzione che almeno permette alla gente di conservare la carne”. “Altrimenti rischiamo decenni di epidemia”, aggiunge. Un altro problema per i contadini sarà “il divieto di allevare maiali almeno fino a Natale, probabilmente anche fino a Pasqua” ribadisce l’esperto. Per ora le previsioni sono di un aumento della carne suina di oltre il 50%. “Combattere l’infezione – spiega – sarà difficile e ci vorrà molto tempo, a volte sembra estinguersi e poi basta un cinghiale malato e si ricomincia di nuovo, bisogna fare attenzione anche con i foraggi, con i turisti, con l’importo della carne”. “In Belgio – prosegue – stanno combattendo la peste suina africana da decenni e pensavano di essere riusciti, ma la settimana scorsa il virus è stato di nuovo trovato in un cinghiale”. A suo avviso “adottare delle misure europee uniche per tutti i Paesi Ue sarebbe di grande aiuto”.
Un altro problema è dove seppellire gli animali delle fattorie dove è stato individuato il virus, per ora si stanno scavando delle fosse comuni in terreni vicino ai centri abitati.
L’aiuto europeo. “La Bulgaria riceverà circa 3 milioni di euro di aiuto finanziario dall’Ue per combattere la peste suina africana”, ha affermato il ministro dell’agricoltura bulgaro Desislava Taneva е i compensi saranno non solo per le fattorie industriali ma anche per gli allevatori privati con maiali registrati, per la disinfestazione, per le analisi”. Il ministro Taneva ha inoltre presentato il problema con i maiali allevati nei cortili che secondo la legislazione europea rappresentano “degli allevamenti illegali”, lo scopo sarebbe di trovare il modo affinché i contadini bulgari possano allevare i maiali in casa ma con le misure necessarie di biosicurezza. “Intanto – conclude Naydenski -, l’epidemia continua ed è difficile dire come evolverà, se sia già raggiunto l’apice o meno”. Nel frattempo, le proteste degli allevatori continuano.
Iva Mihailova, da Sofia