Ucraina, più di mille richieste di infermieri e medici dalle Regioni
A pochi giorni dall'entrata in vigore del decreto che consente a professionisti sanitari ucraini di esercitare in Italia fino al 4 marzo 2023, Amsi e Umem tracciano un primo bilancio. Richieste da strutture pubbliche e private e numerose da Rsa. Circa 2.200 i professionisti della sanità ucraini in Italia, tra infermieri, medici e psicologi. Il 95% è donna
Sono più di 1000 le richieste di infermieri e medici ucraini arrivati da tutte le regioni italiane. Lo sottolineano l'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l'Unione Medica Euro mediterraneo (Umem), che tracciano un primo bilancio degli effetti del decreto “Misure urgenti per l'Ucraina”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 marzo, che consente a medici e professionisti sanitari ucraini di esercitare la propria professione in Italia fino al 4 marzo 2023.
Le richieste, spiegano le organizzazioni, sono arrivate da strutture pubbliche e private e numerose da Rsa; la maggior parte da Veneto (250), Lombardia (130), Piemonte (90), Sicilia (80), Liguria (70), Emilia Romagna (70), Lazio (60), Piemonte (60), Campania (40), Umbria (35), Sardegna (35), Friuli Venezia Giulia (20), Toscana (25), Calabria (15), Abruzzo e Trento (10).
Ad oggi sono circa 2.200 i professionisti della sanità ucraini arrivati in Italia tra infermieri, medici (in maggioranza medici generici) e psicologi. Il 95% sono donne.
A definire le modalità l'Articolo 34 del decreto (“Deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per medici ucraini”): è “consentito l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all'estero regolata da specifiche direttive dell'Unione europea. Le strutture sanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, in deroga all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e fermo restando quanto previsto dall'articolo 11, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla Legge 25 giugno 2019, n. 60. Le predette strutture sanitarie forniscono alle regioni e alle province autonome sul cui territorio insistono, nonché' ai relativi Ordini professionali, i nominativi dei professionisti sanitari reclutati ai sensi del presente articolo”.
"L'Amsi e Umem come sempre fanno il loro dovere sotto forma di volontariato e in modo gratuito, difendendo tutti i professionisti della sanità italiani e di origine straniera ed il diritto alla salute. – commenta il presidente Amsi e Umem Foad Aodi, che è anche membro della commissione Salute Globale Fnomceo. - Ci dispiacere leggere numerose polemiche nei confronti dei medici e infermieri ucraini dopo questo decreto, che assomiglia al Decreto Cura Italia Articolo 13, con finalità diverse ma sempre per solidarietà e per un tempo determinato”.
“Chi decide di rimanere in Italia – prosegue Foad Aodi - deve fare la stessa pratica, come hanno fatto i numerosi medici e infermieri stranieri per far riconoscere il loro titolo di laurea in Italia e l'esame in lingua italiano per iscriversi all'Ordine professionale”.
E sul perché la stessa strada non sia stata percorsa per i professionisti di altri paesi come Siria, Iraq, Sudan, Somalia o Tunisia, “deve rispondere il Governo Italiano”, spiega Foad Aodi. “Evitiamo polemiche gratuite e cerchiamo di costruire il nostro presente e futuro su solidarietà, dialogo e rispetto reciproco”. Le associazioni esprimono "solidarietà anche ai professionisti della sanità russi che hanno subito discriminazioni in Italia”.