Tecnologie e fragilità, in pandemia scarso il ricorso alla teleassistenza
Sondaggio Iss tra pazienti, famiglie e caregiver: meno del 10% ha usufruito di tecnologie di riabilitazione o di supporto terapeutico in remoto; in più della metà dei casi, gli strumenti in dotazione a domicilio “non sono stati facilmente fruibili o adeguati alle esigenze” Quasi il 90% in smart working
Poche le persone con disabilità, malattie rare e croniche che, nell’emergenza pandemica, hanno utilizzato tecnologie sanitarie. E, per chi lo ha fatto, non sono mancate difficoltà. Se, infatti, in questo periodo di distanziamento sociale è aumentato l’uso delle tecnologie generiche (dal pc al tablet, dai social network alle app di messaggistica), più complesso è stato l’accesso alle tecnologie specialistiche, per avere supporto da remoto nella continuità della cura.
Lo rivelano i dati diffusi oggi dall’Iss relativi al sondaggio “Le tecnologie al sostegno della fragilità, disabilità e malattie rare: l’esperienza Covid-19”, somministrato online dal 15 settembre al 30 novembre 2020 alle persone fragili (persone con disabilità, malattie rare o croniche accomunate da concreti bisogni sociali e sanitari) -, coinvolgendo anche caregiver e familiari, per un totale di 350 partecipanti. L’indagine è frutto della collaborazione tra il Centro nazionale tecnologie innovative in sanità pubblica (Tisp) e il Centro nazionale malattie rare (Cnmr) dell’Iss, col supporto di esperti interni ed esterni all’Istituto.
“Pochi, tra i soggetti fragili, hanno utilizzato strumenti di eHealth durante la pandemia: - sottolinea l’istituto - meno del 10% ha usufruito di tecnologie di riabilitazione e/o di supporto terapeutico in remoto e di questi il 31% ha riscontrato problemi e difficoltà. La portata di tali tecnologie è tuttavia chiaramente percepita, tanto che il 90% ritiene che la tecnologia possa essere utile sia durante l’attuale periodo emergenziale che, in generale, nel futuro, e il 56% di chi non ha potuto usufruire di tali tecnologie ha espresso un forte desiderio di poter accedere ad esse. Tuttavia, in più della metà dei casi, gli strumenti tecnologici forniti in dotazione a domicilio non sono stati facilmente fruibili o adeguati alle esigenze”.
I dati confermano che “il contesto emergenziale ha dato un grosso impulso allo smart working, infatti quasi il 90% tra le persone fragili ha iniziato questa modalità di lavoro durante la pandemia”, si legge. Tra gli strumenti informatici di maggior uso, al primo posto vi è il pc (149 persone), seguito da smartphone (95), tablet (65) e altro (16), perlopiù il cellulare tradizionale che non prevede le funzioni dello smartphone. Oltre il 90% dei rispondenti ha dichiarato di far uso di social network e/o applicazioni di messaggistica come strumenti di socializzazione. Risultato che non sorprende, soprattutto in un contesto che ha fortemente limitato i rapporti interpersonali “in presenza”. In primis Whatsapp (276), poi Facebook (189), Messenger (130), Instagram (64), Twitter (36), Snapchat (3).
Cento persone su 313 dichiarano di utilizzare app generiche e fra queste spiccano quelle per le videoconferenze, mentre solo 35 persone su 313 utilizzano una App di supporto per la propria fragilità o disabilità: dai giochi cognitivi alle App per il monitoraggio dell’attività fisica fino alle applicazioni di supporto alla videoscrittura.
"Si è ricorso pochissimo ai servizi di teleassistenza: - spiegano gli osservatori - lo ha fatto solo il 9,2% dei partecipanti, percentuale decisamente bassa che pone questo fra gli aspetti critici da affrontare con urgenza. Il 90,7% ha risposto 'no' (di non aver usufruito di tali strumenti) o che 'non erano disponibili'. Eppure ben oltre la metà degli intervistati ha dichiarato di volere la teleassistenza per poter fare gli interventi da casa".
Tra i caregiver e familiari, appena il 23,7% si è avvalso di App per la vigilanza sanitaria e farmacologica. "Sono emerse - spiega l'Iss - situazioni di difficoltà nel 53% dei casi, tutte riconducibili alla discontinuità assistenziale e in particolare alla forte riduzione dell’erogazione delle terapie di supporto e della riabilitazione in presenza. Circa il 55% delle persone ha denunciato un aggravamento di disturbi o patologie durante la pandemia. La maggioranza (87%) ritiene che sarebbe importante ricevere una formazione specifica sull’utilizzo delle tecnologie per l’assistenza alla persona fragile".
Gli osservatori, tuttavia, hanno registrato un "desiderio molto forte" di poter accedere, durante la pandemia e nel futuro, a queste tecnologie, "migliorando anche il proprio grado di interazione attraverso una formazione specifica".