Santa Croce. Un campanile oggi più sicuro
È stato completato il restauro del campanile eretto con il coinvolgimento dei parrocchiani tra Otto e Novecento
È terminato il restauro della torre campanaria della chiesa di Santa Croce in Padova, eretta in stile neoclassico a fianco della chiesa settecentesca. La sua storia è interessante: fu costruita infatti grazie al sostegno di un comitato di parrocchiani che molto si diede da fare per realizzarla, nonostante il diffuso clima anticlericale che si manifestò in accesi dibattiti.
La costruzione iniziò quindi nell’agosto 1899 con lo scavo delle fondazioni, subito interrotto per il ritrovamento dell’antico cimitero parrocchiale e di una falda acquifera. La mancanza di fondi e altri imprevisti rallentarono più volte, anche per lunghi periodi, la costruzione e il comitato si incaricò di organizzare la raccolta dei fondi necessari. Ferdinando Bolzonella, vero promotore della costruzione del campanile assieme al parroco don Alessandro Scabia, si recò addirittura in udienza dal papa per ottenere i fondi necessari per la ripresa dei lavori.
L’opera fu terminata il 30 settembre 1904 con la posa della croce sulla sommità. La sistemazione delle cinque campane della ditta Colbachini, del peso di 14 quintali, avvenne il 4 dicembre 1906 e permise finalmente l’uso del campanile, il quale fu benedetto nel 1907 dal vescovo Luigi Pellizzo. Nel 1908 venne realizzato l’orologio, opera del padovano Fabiano Alessi. L’intero campanile raggiunse l’altezza di 30 metri (32 con la croce).
«Fenomeni di solfatazione e deterioramento della matrice legante – spiega l’architetto Mario Bortolami che ha diretto i lavori, eseguiti dalla ditta Palladio Restauri – hanno creato ulteriori fenomeni disgregativi come fessurazioni, fratture e caduta d’intonaco, oltre a perdite di materiale dalle cornici, capitelli, balaustrini, tutte decorazioni realizzate fuori opera in conglomerato cementizio. Nel prospetto nord l’intonaco cementizio era pressoché interamente perso per caduta. Varie erano le porzioni di intonaco con fenomeni di distacco e di rigonfiamento, mentre era diffusa la formazione di patine biologiche».
L’intervento di restauro, voluto dal parroco don Egidio Chelin e che beneficia di un contributo del Comune di Padova, dopo le indagini diagnostiche eseguite dalla ditta Siltea ha inteso preservare gli intonaci e gli elementi cementizi tipici della cultura di quel periodo, quando questo materiale era un’innovazione. Per il tronco di piramide di base, invece, realizzato con massi di trachite euganea lavorata a conci bordati regolari, si è intervenuti con la pulitura delle superfici e consolidamento, stuccature, protezione finale con idonei materiali consolidanti e idrorepellenti. A seguito dei recuperi dei lacerti di cromia, si è provveduto al ripristino della colorazione di alcune delle superfici intonacate, quali la trabeazione con alcune paraste e la ghiera degli archi della cella. Per il fronte nord del fusto si è provveduto al rifacimento con intonaco a base di calce.
Oltre al restauro dei materiali lapidei si è intervenuti con l’installazione degli impianti di parafulmine, la sostituzione del castello delle campane (opera della ditta Giacometti Andrea Automazione Campane, ingegnere strutturista Alessandro Turatto), e l’elettrificazione del movimento delle stesse, pur mantenendo la possibilità di movimentazione a corda: unico campanile in Padova a prevederlo.
È l’unico campanile con le corde
Il restauro della torre campanaria ha previsto anche l’elettrificazione del movimento delle campane, ma ha conservato – unico in questo in città – la possibilità di movimentazione a corda, come un tempo.