RomaFF15: sesto giorno al Festival con “Un altro giro” di Thomas Vinterberg con Mads Mikkelsen
“Un altro giro” (“Druk”) del regista danese Thomas Vinterberg, con l’acclamato Mads Mikkelsen, una riflessione tragicomica sulla vita, la società e l’uso di alcolici. Ancora, dall’Inghilterra arriva il dramma storico “Ammonite” di Francis Lee interpretato da Kate Winslet e Saoirse Ronan. Infine il tedesco “Home”, opera che segna l’esordio alla regia dell’attrice Franka Potente, un incontro-scontro familiare sul senso del perdono e il bisogno di riscatto
Martedì 20 ottobre all’Auditorium Parco della Musica protagonista è il cinema europeo. Anzitutto “Un altro giro” (“Druk”) del regista danese Thomas Vinterberg, con l’acclamato Mads Mikkelsen, una riflessione tragicomica sulla vita, la società e l’uso di alcolici. Ancora, dall’Inghilterra arriva il dramma storico “Ammonite” di Francis Lee interpretato da Kate Winslet e Saoirse Ronan. Infine il tedesco “Home”, opera che segna l’esordio alla regia dell’attrice Franka Potente, un incontro-scontro familiare sul senso del perdono e il bisogno di riscatto. Il punto del giorno con la Commissione nazionale valutazione film Cei e l’agenzia Sir.
“Un altro giro”
Thomas Vinterberg, danese classe 1969, è un autore sorprendente. Non solo per lo stile narrativo così incisivo, ma anche per la versatilità tematica, per i soggetti con cui si confronta (suoi sono “Festen” del 1998, “Il sospetto” del 2012 e “Via dalla pazza folla” del 2015). Alla Festa di Roma presenta ora “Un altro giro” (“Druk”), film originariamente in predicato per il 73° Festival di Cannes. Vinterberg si ispira alla teoria dello psicologo norvegese Finn Skårderud, il quale sostiene che l’uomo nasca con una mancanza di alcol nel sangue pari allo 0.5. Muovendo da tale ipotesi, l’autore si lancia in una riflessione sulla società danese (occidentale) contemporanea, mettendo a fuoco irrisolti esistenziali, difficoltà relazionali e rapporto con la bottiglia. Protagonisti sono quattro insegnanti: Martin (Mads Mikkelsen), docente di Storia, un uomo quadrato e abbastanza chiuso in se stesso, distante da moglie e figli; Tommy (Thomas Bo Larsen), docente di Educazione fisica, simpatico e malinconico; Nikolaj (Magnus Millang), insegnante di Psicologia, (s)travolto dai tre figli piccoli; e Peter (Lars Ranthe), che insegna Musica con atteggiamento stanco e frustrato. I quattro decidono di condurre un esperimento sulla base dello studio norvegese, assumendo da bere nelle ore della giornata. La loro performance didattica in primis migliora, ma il fraternizzare troppo con la bottiglia espone inevitabilmente a perdita di controllo, tanto a scuola come a casa.
Uno sguardo che oscilla tra l’intrigante e l’azzardo. Non è facile mettere a fuoco l’opera di Thomas Vinterberg. Da un lato, con uno stile che coniuga dramma e ironia graffiante, sembra volerci mettere in guardia dalle seduzioni del bere, dall’inganno della bottiglia. Ci dice infatti che l’alcol sulle prime genera leggerezza, anestetizza pensieri e turbamenti; dopo però svela il suo cosiddetto “dark side”, quello che trascina a dipendenze. L’autore, però, si sottrae rapidamente da questo “semplice” schema narrativo, rimescolando le tessere del racconto: è come se ci invitasse a guardare la società di oggi nella sua complessità, dove si è prigionieri di se stessi, di schemi rigidi e soffocanti, contesto in cui forse un giro di bottiglia potrebbe stappare la tensione. Nell’affermare ciò, di certo, Vinterberg si tutela e ci mette anche in guardia domandandosi: Quando uno beve si riesce a fermare? Si può davvero regolare? Di certo l’autore ci racconta come adulti e adolescenti oggigiorno vedano negli alcolici “amici seducenti”, passe-partout per abbattere insicurezze o compensare delusioni. Uno sguardo realistico il suo, che appare però fin troppo morbido e lontano dal (necessario) tono di denuncia. Tra le maglie dell’umorismo, si colgono infatti non pochi rischi di smarrimenti di senso…
Come sottolinea Massimo Giraldi, presidente della Commissione nazionale valutazione film CEI: “Vinterberg spinge con forza il pedale della provocazione narrativa. Racconta di un gruppo di insegnanti demotivati che decidono di sperimentare la tesi secondo la quale in ognuno di noi c’è un modesto livello di ubriachezza da alimentare con giusta attenzione. L’esperimento fallisce, ma il gruppo capisce quanto sia giusto tenere alto il livello della euforia. Scandito tra allegria, tristezza e dramma, il copione dice quanto certa Europa, eliminati i bisogni primari, può solo consolarsi con alcol in grandi dosi, a scapito di equilibri sentimentali e gestione familiare. Un film senza sconti, fatto di durezza tipiche di un Occidente spesso malato di troppa felicità”. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come complesso, problematico e per dibattiti, da gestire però in presenza di un educatore.
“Ammonite”
Con “Ammonite” il britannico Francis Lee, al suo secondo lungometraggio, mette a segno un cast di primo piano con Kate Winslet e Saoirse Ronan. L’opera, ambientata nell’Inghilterra di metà Ottocento, racconta la storia di una delle pioniere della paleontologia Mary Anning (Winslet). A Lyme Regis, nel Dorset, Mary conduce una vita solitaria, dedicata unicamente alla raccolta di fossili. Abitudinaria, schiva, Mary trova come unica persona con cui confrontarsi nella sua quotidianità l’anziana madre Molly (Gemma Jones). Un giorno fa la conoscenza di una donna londinese benestante, Charlotte Murchison (Ronan), che sconvolge la sua routine silenziosa e ripetitiva; piano piano la sua corazza si infrange e filtra il bisogno di condivisione, che sfocia in un amore bruciante. Sulle prime “Ammonite” ricorda molto il film “The World To Come” di Mona Fastvold, in concorso alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia. È il racconto di donne non comprese della società, dagli uomini del tempo, donne che provano a imporsi per trovare una propria voce tra pubblico e privato. Qui il regista Lee è interessato a raccontare, in particolare, il bisogno affetto, di contatto, orientando però lo sguardo sulla relazione al femminile. Gli uomini, a ben vedere, risultano presenze sbiadite e poco rilevanti; una visione che si muove su un binario rigido e schematico che non lascia scampo. Le interpreti sono come sempre eccellenti, ma l’impianto della storia è algido, poco fluido, persino stancante. Dal punto di vista pastorale il film “Ammonite” è complesso e problematico, da riservare solo a un pubblico adulto per la presenza di scene esplicite.
“Home”
L’attrice tedesca Franka Potente, classe 1974, nota al grande pubblico per “Lola corre” (1998) e per “The Bourne Identity” (2002), passa dietro alla macchina da presa con “Home”, dramma familiare giocato tra colpe, risentimento e perdono. Nel cast il premio Oscar Kathy Bates. Protagonista è Marvin, un quarantenne che torna a casa dalla madre segnata da un tumore. Marvin è appena uscito di prigione, avendo scontato quasi due decenni di detenzione per aver ucciso inspiegabilmente una donna. Ben pochi sono però disposti a dare all’uomo ascolto, una seconda occasione. Solamente un infermiere, un sacerdote e una giovane donna sembrano rapportarsi a lui con sguardo altro, rinnovato. Come sottolinea Eliana Ariola, membro della Commissione nazionale valutazione film: “L’opera di Franka Potente è robusta e incisiva. Non mette dinanzi al male, alla tragicità delle azioni umane, bensì al momento successivo, all’epilogo di un percorso di riparazione e recupero. La Potente si domanda se ci sia davvero una possibilità di risalita dopo una caduta simile; di più, richiama la comunità alla responsabilità della solidarietà e del perdono, perché non ci si salva mai da soli. Il cammino della salvezza si nutre infatti di condivisione. Un’opera di certo intensa, compatta, da affidare a belle occasioni di riflessione e dibattito”. Dal punto di vista pastorale il film “Home” è complesso, problematico e per approfondimenti.