Ricordarsi “di chi manca del necessario per sfamarsi” Papa Francesco, l’agricoltura, la produzione di cibo e la tutela del Creato

Per Papa Francesco l’obiettivo irrinunciabile della produzione agricola deve essere la produzione di cibo sano per tutti, senza distinzione di classi e di aree geografiche

Ricordarsi “di chi manca del necessario per sfamarsi” Papa Francesco, l’agricoltura, la produzione di cibo e la tutela del Creato

“Mentre riflettete su come valorizzare la distintività e la qualità del made in Italy agroalimentare, vi invito a ricordarvi di chi manca del necessario per sfamarsi”. E poi ancora: “Una distribuzione corretta sarebbe sufficiente per nutrire tutti coloro che soffrono la fame”. E’ possibile ragionare delle idee di Papa Francesco sull’agricoltura e sulla produzione alimentare partendo da queste due affermazioni. Parole semplici e chiare e altrettanto decise e severe. Nei confronti di tutti.

Il richiamo a ricordarsi “di chi manca del necessario per sfamarsi”, arriva nell’ottobre del 2023 in occasione di “Villaggio Coldiretti”, una manifestazione al Circo Massimo a Roma voluta dai coltivatori per far conoscere le tante agricolture italiane e per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della biodiversità. La sottolineatura della necessità di una “distribuzione corretta”, è contenuta in una lettera inviata, nel febbraio 2024, al Consiglio dei Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. Sullo sfondo di tutto: il dovere di tutelare il Creato, come casa accogliente per il genere umano ma anche per gli animali e le piante.

Papa Francesco spesso parla di agricoltura, soprattutto appunto in relazione alla cura del Creato ma anche collegando la “buona agricoltura” alla giustizia sociale e alla dignità del lavoro agricolo. Nell’enciclica “Laudato si’” del 2015 il Pontefice sottolinea l’importanza di una produzione agricola sostenibile come parte della responsabilità umana verso l’ambiente, denunciando il modello agricolo basato sullo sfruttamento intensivo e invitando a pratiche rispettose della natura. Pratiche che conservino la fertilità della terra e la biodiversità e che siano, come si diceva, rispettose del lavoro delle donne e degli uomini che nei campi e nelle stalle spendono le loro vite. Un’indicazione che vale – occorre ricordarlo – per tutte le agricolture e per tutte le filiere agroalimentari. Un’indicazione, quindi, che deve essere presa con serietà sia nelle agricolture dei paesi che lottano ancora per lo sviluppo, sia in quelle delle aree più sviluppate economicamente ma non sempre socialmente ed eticamente. Lo sfruttamento dei piccoli agricoltori dell’America Latina, per esempio, va posto sullo stesso piano dello sfruttamento dei braccianti agricoli immigrati in Europa.

Per Papa Francesco, in altri termini, l’obiettivo irrinunciabile della produzione agricola deve essere la produzione di cibo sano per tutti, senza distinzione di classi e di aree geografiche. E nel rispetto delle tradizioni e degli ambienti naturali e umani che popolano la Terra. Così come nell’attenzione a quell’etica del lavoro (agricolo e non solo) che spesso viene dimenticata un po’ ovunque. Non solo, quindi, prodotti tipici e per pochi, ma alimenti alla portata di tutti ottenuti con pratiche corrette e rispettose di chi lavora così come dell’ambiente.

Da tutto questo le parole decise del Papa. Ancora ai Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, Francesco scrive come per fronteggiare fame e miseria non bastino “strategie astratte o impegni irraggiungibili”. Servono, invece, una forte collaborazione e condivisione d’intenti che si basino su alcuni capisaldi: la “costruzione di un sistema agricolo e alimentare più inclusivo”, una ricerca e una tecnologia “che favoriscano un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente”, un’attenzione continua alla riduzione degli sprechi e all’equa distribuzione delle risorse e dei prodotti. Perché “i valori universali della giustizia, della solidarietà e della compassione” passano anche dalla produzione di cibo.

Una visione, quella di Francesco nei confronti dell’agricoltura e della produzione di cibo, che ha d’altra parte salde radici nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, così come nell’insegnamento dei suoi predecessori. Scrivendo ai coltivatori, il Papa ricorda, per esempio, l’enciclica “Mater et Magistra“ di san Giovanni XXIII che sottolinea il valore del lavoro agricolo “ai fini della promozione integrale della persona”. E riprendendo Papa Roncalli, Francesco scrive come la Creazione non sia “uscita dalle mani del Creatore già ‘finita’, ma ‘in stato di via’, cioè aperta e diretta ad un compimento”. Un “compimento” al quale è chiamata la persona umana che ha quindi una grande responsabilità che Papa Bergoglio fa risalire alla Genesi. Nel racconto della “Genesi – scrive infatti ancora ai coltivatori – imparare a conoscere le leggi dell’agricoltura, costruire canali per modificare il corso dei fiumi, sono lavori da compiere in vista di un duplice vantaggio: rendere la terra più bella e feconda, nel mentre la si rende più umana, più accogliente e ospitale per la vita dei suoi abitanti. Mentre l’uomo lavora, cambia il mondo, ma cambia anche sé stesso diventando più responsabile e generoso”.

Una prospettiva, quella indicata da Papa Francesco, che spesso appare essere ancora molto lontana dal realizzarsi pienamente e che, invece, non va persa di vista e perseguita con decisione.

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Fonte: Sir