Riconciliazione con assoluzione collettiva. La misericordia di Dio invocata insieme
La “terza forma” del rito – che dice la volontà della Chiesa di venire incontro a momenti problematici come la pandemia – contiene alcuni elementi importanti da non dimenticare nelle altre due forme
«Anche in tempo di Covid-19, il sacramento della penitenza/riconciliazione viene amministrato a norma del diritto canonico universale e secondo quanto disposto nell’Ordo Paenitentiae (del 1974, ndr). La confessione individuale rappresenta il modo ordinario per la celebrazione di questo sacramento, mentre l’assoluzione collettiva, senza la previa confessione individuale, non può essere impartita se non laddove ricorra una grave necessità, la cui considerazione spetta al vescovo diocesano e ferma restando la necessità, per la valida assoluzione, del proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi».
Scriveva così, a marzo 2020, il penitenziere maggiore, card. Mauro Piacenza. La «grave necessità” era il Covid-19 e lo è ancora a un anno di distanza, tanto che i vescovi delle 15 diocesi del Triveneto hanno confermato quanto già stabilito in occasione dello scorso Avvento e Natale: prevedere, anche nella Quaresima 2021, la possibilità di valorizzare – a esclusivo giudizio del vescovo diocesano, per un tempo determinato e secondo modalità da lui fissate – anche la cosiddetta “terza forma” del rito della penitenza con assoluzione comunitaria e generale, sia per gli adulti che per bambini e ragazzi.
Il vescovo Claudio ha disposto che si potesse celebrare il rito della penitenza con assoluzione generale dal 22 al 31 marzo, consigliando di garantire la confessione individuale. 144 le richieste giunte dai parroci (in Avvento erano state 98); sono state coinvolte 238 comunità parrocchiali e si sono svolte 321 celebrazioni nella “terza forma”. Di queste, otto sono state presiedute dal vescovo Claudio nelle parrocchie del centro storico di Padova. «È stata un’esperienza più bella di quanto immaginassi – riflette don Claudio – Quello della penitenza è sempre stato un sacramento “in movimento” lungo la storia, ma ora si sono aperte interessanti piste di comprensione e riflessione. Credo sia importante difendere il diritto del cristiano di presentare la sua situazione di fronte alla Chiesa; ecco perché va curato l’incontro personale con la Chiesa che avviene nella confessione individuale. La pandemia non può cancellare questo diritto».
Sulla “terza forma” – apprezzata dai fedeli già nello scorso Avvento – la Facoltà teologica del Triveneto ha promosso un seminario per «soffermarsi sulla prassi penitenziale della Chiesa – ha sottolineato il preside, don Andrea Toniolo – non solo in tempo di emergenza, ma anche in futuro».
«La possibilità di celebrare il sacramento della riconciliazione nella terza forma, definita anche straordinaria, ci dice chiaramente la volontà della Chiesa di venire incontro a momenti problematici come quelli che stiamo vivendo – sottolinea mons. Giulio Viviani, docente di liturgia che ha partecipato al seminario – Non si tratta semplicemente di un’amnistia, un’assoluzione a buon mercato, ma di offrire la possibilità di riconoscersi insieme peccatori e invocare la misericordia e il perdono di Dio. Il Rito prevede che chi partecipa a questa forma comunitaria manifesti il suo pentimento, abbia la consapevolezza di quello che avviene, la volontà di non peccare più e vivere da cristiano, ma anche l’impegno anche ad accostarsi personalmente al sacramento della riconciliazione, quando questo sarà possibile, soprattutto per confessare gli eventuali peccati gravi di cui si è macchiato».
La “terza forma” contiene alcuni elementi importanti da non dimenticare mai anche nelle altre due forme di celebrazione individuale o comunitaria: «Anzitutto il ritrovarci insieme, il riconoscerci peccatori; come dice il Rito: “Si aiutino a vicenda con la preghiera”. Un altro aspetto essenziale, spesso dimenticato nelle nostre confessioni private, è quello dell’ascolto della Parola di Dio. C’è poi l’interessante prospettiva che ci unisce in questa modalità celebrativa: compiere insieme un gesto di penitenza (in ginocchio, a capo chino...) e avere un’unica penitenza o soddisfazione da compiere, ognuno personalmente, ma tutti insieme. C’è infine una presenza molto importante evidenziata in questa celebrazione ed è quello dell’invocazione e dell’azione dello Spirito Santo, vero protagonista della nostra conversione».
Certamente anche questa modalità, come ogni celebrazione della riconciliazione, ha come suo elemento fondamentale l’assoluzione. «Ma non dimentichiamo mai che scopo di questo sacramento è la nostra conversione! Il perdono da parte di Dio c’è sempre, ma non sempre c’è la nostra volontà di conversione. Forse proprio questa occasione del ritrovarci insieme a invocare la misericordia di Dio in questi mesi così faticosi, diventa espressione di volontà comunitaria, oltre che personale, di ottenere la conversione, cioè di cambiare qualcosa della nostra vita».
Per riflettere
La Facoltà teologica del Triveneto ha promosso – il 22 febbraio scorso – il seminario “La terza forma del sacramento della penitenza. Dibattito a partire dalla prassi introdotta durante il Covid-19”. «Ci è stato chiesto di riflettere sull’esperienza della terza forma penitenziale che alcune diocesi del Triveneto hanno introdotto e che ha in genere avuto notevole riscontro – spiega il preside Andrea Toniolo – Tale iniziativa è l’occasione preziosa per soffermarsi sulla prassi penitenziale nella chiesa, non soltanto in tempo di emergenza, ma anche nel tempo ordinario e soprattutto nel tempo che verrà». Per approfondire: fttr.it
Le tre forme previste dal Rito della penitenza
L’attuale Rito della penitenza, che vide la luce dieci anni dopo il Concilio Vaticano II, prevede tre forme: il Rito per la riconciliazione dei singoli penitenti; il Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale; e la terza forma. «Senza dimenticare – sottolinea mons. Viviani – che la stessa celebrazione della Messa rimette, perdona i peccati veniali».