Perché desiderare
Tutti noi coinvolti in questa storia di limitazioni siamo spinti a guardare oltre, a cercare nella nostra immaginazione ciò che può farci star bene, appagarci interiormente.
Parlare di certi desideri in questo tempo di lockdown può sembrare alquanto strano e quasi irriverente nei confronti della situazione venutasi a creare. Le giornate che si susseguono ci portano a un inevitabile appiattimento nella routine quotidiana imbrigliata, certo condita di attese.
Ma il “desiderio” ci richiama a volgere il nostro sguardo verso l’alto, verso qualcosa che va ben oltre la nostra dimensione orizzontale, in una prospettiva che richiama la nostra interiorità e compiutezza: un appagamento spirituale oltre che psicologico. Ed è per questo che mi piace ancora oggi avere dei desideri, alimentarli, fantasticare con la mente e le immagini in luoghi e situazioni che mi rimandano a questa compiutezza che in quei posti, in quella parte di creazione potrei gustare più pienamente (almeno me lo auguro).
Desiderare è un po’ sognare, a occhi aperti.
Sto leggendo il libro “In terre lontane” dell’esploratore Walter Bonatti. Certo un po’ è farsi del male di questi tempi affrontare certe letture. Immergermi in questi racconti mi porta a vedere con la fantasia quei luoghi, a percepire gli odori e i suoni, immaginare di tastare foglie di orchidea in qualche parte del Sud America.
Mi rendo conto che desiderare di vivere a contatto con una natura incontaminata è proprio questo: ritornare a una dimensione “paradisiaca”, perché in essa penso inconsciamente che la mia interiorità ne sarebbe totalmente appagata.
Sì, percepisco però che tutto ciò rimarrà un desiderio perlopiù incompiuto, soprattutto perché la sveglia del telefono mi ricorda l’appuntamento su Zoom con i miei studenti e mi catapulta nuovamente nella mia realtà ben diversa dai luoghi e situazioni che stavo immaginando.
Non per niente il mio nickname è @giornalistasognatore