Parrocchie che spandono il profumo di Gesù
La Settimana santa è il centro della pastorale padovana, con le sue attenzioni privilegiate ai giovani e alle parrocchie. Lo spiega don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la pastorale della diocesi
La Settimana santa è per i cristiani la più importante dell'anno, perché immerge negli eventi centrali della redenzione, facendo rivivere il mistero pasquale, il grande mistero della fede nella sua essenzialità. La Chiesa padovana coglie questo tempo di grazia, facendone il fulcro della propria azione pastorale. Chiediamo a don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la pastorale, di leggere il cammino della diocesi alla luce di quanto viene vissuto nella festa pasquale.
«Mi sembra significativo – inizia don Voltan – che proprio Lunedì santo i testi liturgici ci mettano davanti l’Unzione di Betania, il testo che fa da riferimento al cammino pastorale della nostra diocesi in quest’anno. Maria cosparge i piedi di Gesù con olio profumato, “e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”. Un testo che abbiamo letto nella logica della sovrabbondanza; questa caratteristica tipica di Dio, viene fatta propria da Maria con Marta e Lazzaro, in un contesto fraterno di amicizia e relazioni consolidate. Mi sembra che tale gesto anticipi anche la lavanda dei piedi: ci racconta di una comunità che sa attraversare la fragilità e la morte e fare spazio all’amore fraterno perché sa donare tutto secondo la logica addirittura “dello spreco”. Questo è proprio il profumo di Gesù».
Con la festa delle Palme, che vede i ragazzi aprire la Settimana santa, e poi la Via Crucis dei giovani all’Opsa, il mercoledì santo, la diocesi mette l’accento sull’importanza delle nuove generazioni nell’annuncio di fede.
«Questi appuntamenti sono tradizionali, ma sempre nuovi, coinvolgono in termini belli e creativi la vita della diocesi. Il vangelo di Marco della Resurrezione, al capitolo 16, racconta che le donne al sepolcro non incontrano Gesù, ma un giovane vestito di bianco, che annuncia loro che Cristo è risorto. Mi piace intravedere in esso la figura di tutti i nostri giovani, soprattutto quelli del sinodo ma non solo, che sono annuncio della Risurrezione. Un annuncio che in Marco è promessa ai discepoli che ricompiono il cammino partendo dalla Galilea. I giovani ci aiutano a rifare nostro un cammino di discepolato e sequela di Gesù».
Le comunità sono grembo che genera la fede; molte conferiscono adesso i sacramenti dell’iniziazione cristiana ai propri ragazzi. Tra di loro anche i catecumeni adulti, quest’anno in particolare alcuni richiedenti asilo di Conetta e San Siro di Bagnoli.
«Sono trecento, un centinaio l’anno scorso, duecento quest’anno, le comunità che vivono il compimento dei sacramenti dell’iniziazione cristiana nel tempo pasquale. Vuol dire che anche questo processo, iniziato qualche anno fa, sta contagiando la vita di tutte le comunità. È una mentalità nuova, un nuovo modo d’intendere il comunicare la fede ed essere comunità che generano la fede. La Chiesa è un corpo che si rinnova di continuo con l’ingresso di nuovi membri; lo vediamo nei battezzati e nei catecumeni adulti, che sono una notizia bellissima per la Chiesa, e nei ragazzi che vivono il compimento dell’iniziazione. Ci ricordano che la Chiesa è un corpo continuamente aperto, che cresce, si rinnova, non è mai un già dato».
La riflessione legata allo strumento di lavoro su La parrocchia sottolinea la centralità della vita parrocchiale. Particolarmente nella Settimana santa che racchiude l’essenza della fede.
«Lo strumento di lavoro sulla parrocchia sta incontrando tutte le comunità. Mi sembra di percepire, da quanto ci ritorna, la prospettiva di una Chiesa che sa accettare questo tempo di trasformazione e cambiamento, sa esserne consapevole e accompagnarlo, magari indicando alcune priorità: l’importanza del Giorno del Signore; la sovrabbondanza, l’eccedenza del Vangelo nel comunicare la fede partendo dalle situazioni di vita, dalle domande delle persone e lì far risuonare o riscoprire la bellezza della Buona notizia. Emerge anche il desiderio di comunità che non siano escludenti, non si chiudano in se stesse ma provino a raggiungere tutti. La Chiesa si realizza in un luogo e le parrocchie ci dicono questa dimensione di radicamento. Celebrare insieme dice la novità della fede, anche in una parrocchia piccola, dove ci siano il desiderio e le risorse di celebrare insieme. Una risorsa è certamente la presenza del prete, ma anche la gioia di lasciarsi convocare, invitare, trasformare dai doni di Gesù, mettendosi a disposizione della vita fraterna e comunitaria. Alcune parrocchie, per vari motivi, già negli anni scorsi, hanno scelto di celebrare il Triduo insieme. Sarebbe bello che, in tali celebrazioni, ogni comunità esprimesse il suo volto, magari facendo in modo che ciascuna animi un momento specifico. Celebrare insieme ci apre a essere dei “viventi”, sulla scia di Gesù, a disposizione delle altre persone che condividono con noi un tempo, una storia e uno spazio. Vorrei ricordare però che si celebra la Pasqua non sono nell’assemblea liturgica, ma dove c’è ogni uomo, perché per ogni uomo Gesù è morto e risorto. Il celebrare insieme per noi credenti diventa lo slancio per far risuonare questo annuncio nella vita delle persone».