Nonostante il burocratichese. Un recente articolo di Galli Della Loggia sulla scuola che deve “parlare italiano”
Spesso si ha l’impressione che il mondo della scuola resti imbrigliato da formule e talvolta da normative complesse e poco comprensibili.
Non è certo uno dei momenti migliori per la scuola italiana. E qualcuno potrebbe aggiungere, con un velo di ironia, che di “momenti migliori” si è persa traccia da tanto tempo.
Tuttavia si va avanti e in periodo di pandemia vale la pena, prima di affrontare qualche notizia stringente – ad esempio quelle che riguardano i prossimi esami di Stato, la Maturità in primis – tenersi il tempo per uno sguardo “leggero”, che poi tanto leggero non è.
Il riferimento è a un recente articolo di Galli Della Loggia – notista uso ad analisi spesso taglienti, talvolta provocatoriamente polemiche e anche divisive, sempre interessanti – sulla scuola che deve “parlare italiano”. Leggendo le riflessioni dell’articolista ci si addentra nel mondo della scuola disegnato come una organizzazione prigioniera del burocratichese, dove lo stesso linguaggio – il punto di partenza è la differenza di termini tra “scuola elementare” e “scuola primaria” usati rispettivamente dal “Paese reale” piuttosto che dal “Paese legale” tra cui esisterebbe un “drammatico scollamento” – denuncia complicazioni e arzigogoli poco comprensibili.
L’analisi di Galli Della Loggia si sofferma sui temi della valutazione nella scuola elementare, sulla formulazione del “documento di valutazione” (quello che il Paese reale chiamerebbe “pagella”), con i giudizi descritti in termini poco comprensibili e oscuri. Locuzioni in “pedagogichese” che fanno formulare nell’articolo una domanda/protesta di questo genere: “perché, mi chiedo, questa eterna maledizione italiana di una burocrazia che gode ad adoperare un linguaggio iniziatico ogniqualvolta redige un documento, a fare il sopracciò nei confronti del senso comune?”.
Non ha tutti i torti Della Loggia. Spesso, infatti, si ha l’impressione che il mondo della scuola resti imbrigliato da formule e talvolta da normative complesse e poco comprensibili. Ci si potrebbe consolare però pensando che in tutto il suo lungo percorso, nel nostro Paese (legale e reale che sia), il mondo scolastico ha sempre saputo trovare al suo interno i rimedi e gli antidoti alle deviazioni e alle complicazioni talvolta costruite nelle stanze dei ministeri. Sì, perché insegnanti e dirigenti scolastici, districandosi anzitutto e per primi tra le maglie strette delle reti imposte, danno spesso esempio di adeguarsi, adattare, tradurre, semplificare… insomma, di far funzionare al meglio una macchina complessa e affaticata. Anche con risultati sorprendenti.
Detto questo, ecco le urgenze: si prolunga la scuola a fine giugno e, soprattutto, visto il poco tempo a disposizione, saranno chiare le norme per la nuova maturità (ogni anno ce n’è una nuova)? Il ministro – nuovo anche lui – ha già annunciato l’esame come l’anno scorso, ma non proprio uguale, accennando alla questione dell’elaborato scritto di partenza che riassuma il percorso scolastico degli allievi. Come dovrà essere? E’ un altro modo di descrivere la famosa “tesina”? Se ne riparlerà.
E sul prolungamento a fine giugno delle scuole, con la giusta preoccupazione del recupero degli apprendimenti, come andrà a finire? Sindacati e presidi non l’hanno presa bene e così di primo acchito qualche problema anche solo organizzativo si profila all’orizzonte.
Forse anche qui conviene aspettare “gli scritti”, come suggerisce qualche addetto ai lavori. Sul ministro Bianchi la pressione è forte. Lasciamogli il tempo di pensare e di agire senza troppi spintoni. E incrociamo le dita.