Natale nella fraternità dei parroci dell'up di Candiana, Arre, Arzercavalli, Pontecasale e Fossaragna. Uniti, prendendosi cura
Nell’Avvento come nella quotidianità, i parroci dell’up di Candiana, Arre, Arzercavalli, Pontecasale e Fossaragna vivono e si aiutano con fraternità.
Prendersi cura l’uno dell’altro, vivere la quotidianità dei pasti e delle preghiere, condividere le fatiche, ma anche la bellezza del servizio: da diversi anni ormai le parrocchie di Candiana, Arre, Arzercavalli, Pontecasale e Fossaragna hanno deciso di camminare insieme come unità pastorale e questo cammino è condiviso concretamente anche dai parroci.
Don Leopoldo Zanon infatti, parroco moderatore dell’up, e don Davide Canazza, vicario parrocchiale, vivono nella canonica di Arre. Non lontano risiede don Tarcisio Favaron, collaboratore pastorale. In questa fraternità si aggiunge la presenza preziosa del diacono permanente Cesare Piva, che vive con la sua famiglia. Durante l’Avvento questa condivisione non ha assunto sapori diversi o più intensi, ma ha mantenuto l’aspetto fondamentale del prendersi cura dell’altro.
«Quando ci troviamo tutti e quattro, il martedì – spiega don Leopoldo Zanon – per la progettazione comune, affrontiamo insieme questioni pastorali, ci informiamo a vicenda su situazioni di ammalati o famiglie in difficoltà, verifichiamo aspetti della pastorale e ne discutiamo insieme. Non è solo un progettare date e appuntamenti, ma avere una visione pastorale che ha il contributo di tutti e quattro perché la nostra ricchezza sta proprio nella diversità di ognuno di noi. Questo tempo di Avvento è coinciso anche con una situazione fisica di fragilità di don Tarcisio che ha dato concretezza al “prendersi cura” e questo ci fa pensare all’accoglienza che noi facciamo di Gesù quando nasce, alla famiglia che lo attende». Una fraternità quindi che esprime proprio le dinamiche tipiche di una famiglia: aspettarsi, attendersi, avere pazienza, ascoltarsi anche nei momenti di difficoltà e vivere i silenzi, i pensieri differenti. «E poi la misericordia tra di noi – aggiunge don Leopoldo – Questa, credo, sia la cosa più importante che esercitiamo».
Ma come sarà questo Natale? «Per noi preti – riflette il parroco dell’up – è un momento in cui sentiamo che ci stiamo ricollocando: cioè sperimentare le limitazioni, le trasformazioni in atto, fra cui quella più evidente, per esempio, relativa ai numeri in calo nella partecipazione alla messa, ci pone davanti a una domanda molto grande: dove siamo in questo momento? Che posto abbiamo all’interno della Chiesa e del suo cammino? Perché noi preti siamo solo una piccola parte della Chiesa che ha il compito di intuire e di guidare, di accompagnare. E allora ci domandiamo come possiamo ricollocarci all’interno di questo cambiamento grande. Noi quattro sentiamo forte la chiamata a una missionarietà, cioè a uscire dalla nostra canonica, incontrare le persone. E poi è anche un tempo di riscelta del nostro essere preti, con quello che è capitato, con il senso di inutilità e insignificanza che c’è in questo momento all’interno anche del nostro ministero. Sembra di essere davanti alla terra arata tipica di questi giorni nelle nostre campagne: questo è proprio il tempo non della raccolta ma del seminare. E poi, proviamo anche a ri-scegliere con gioia il nostro ministero, che sia un ministero che possa diffondere un po’ di spirito gioioso, di accoglienza e tenerezza».
Il diacono impreziosisce le riflessioni
«Una qualità aggiunta è la presenza del diacono, sposato, con tre figli e nonno. Quando ci interroghiamo sulle famiglie e il loro coinvolgimento, ci aiuta a calare i piedi per terra, non a giustificare, ma a capire e comprendere».