Medie da ripensare. Il Rapporto scuola media 2021 della Fondazione Agnelli
Il progetto stesso della scuola media deve fare i conti con il cambiamento profondo dei ragazzi di oggi, di una preadolescenza che diventa adolescenza di colpo e quasi senza pausa.
“Non si può lasciare la scuola media ancora indietro”. Parola di Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli che da poco presentato il Rapporto scuola media 2021, preparato dall’autorevole istituzione.
Un rapporto che assomiglia, in verità a un bollettino di guerra per tutte le criticità che raccoglie a cominciare dalla constatazione, sempre del direttore Gavosto, che “rispetto a dieci anni fa, quando pubblicammo il nostro primo Rapporto, la situazione della scuola media non è migliorata: gli apprendimenti restano insoddisfacenti, i divari territoriali e le disuguaglianze sociali sono ancora più evidenti, i docenti non sono meglio formati né la didattica è stata rinnovata, rimanendo molto tradizionale”.
Riassumendo i risultati del Rapporto un comunicato spiega come “a distanza di 10 anni, la qualità degli apprendimenti degli allievi di secondaria di I grado resta critica, inferiore non solo a gran parte degli altri Paesi avanzati, ma anche ai livelli che ci si poteva attendere sulla base dei risultati alla primaria. Il Rapporto segnala, ad esempio, come nelle ultime rilevazioni internazionali Timss (matematica e scienze) gli apprendimenti in matematica degli studenti italiani siano sempre ampiamente sopra la media internazionale in IV primaria, ma in III media scendano decisamente al di sotto. Grazie a elaborazioni sui dati Invalsi del 2019 (relativi alla situazione pre-pandemia, non condizionati dal Covid), il Rapporto offre un quadro ancora più nitido di come e quando si manifestino le disuguaglianze sociali e i divari soprattutto territoriali, con effetti negativi sugli apprendimenti”.
Naturalmente i dati e le riflessioni raccolti e proposti dalla Fondazione Agnelli sono molti. Comprendono anche la situazione dei docenti, segnalata come particolarmente critica sia in relazione all’età avanzata del corpo insegnante, sia in rapporto alle capacità didattiche (“Nella scuola media, infine, 8 docenti su 10 si sentono ben preparati nei contenuti disciplinari, mentre solo 4 su 10 si sentono adeguati nella didattica della propria materia e nella pratica d’aula”: così un appunto nel comunicato riassuntivo) da cui discende – è sempre la Fondazione a ragionarne – una necessità specifica di formazione.
Il Rapporto, dopo l’analisi spietata delle criticità, avanza anche suggerimenti per andare oltre, a partire da una formazione mirata dei docenti (con laurea magistrale, criteri di abilitazione selettivi, formazione in servizio obbligatoria…) fino a una “rimodellazione” della didattica che tenga conto delle specifiche della scuola media e ad esempio insista su dinamiche cooperative, gruppi di apprendimento e altro. Senza dimenticare la necessità di una “estensione del tempo scuola”.
Tante idee, che vanno prese in considerazione con attenzione. Tenendo presente anzitutto – crediamo – che il progetto stesso della scuola media deve fare i conti con il cambiamento profondo dei ragazzi di oggi, di una preadolescenza che diventa adolescenza (possiamo usare ancora questi termini?) di colpo e quasi senza pausa, di esigenze emotive e relazioni profondamente mutate rispetto al passato, anche in virtù della società tecnologica globale. Davvero non serve una riforma dei cicli (il Rapporto la escluderebbe)? O una rimodulazione complessiva del sistema scolastico?
Didattica, docenti, strutture, tempi scuola: sono temi importanti e da non sottovalutare. Ma forse bisogna osare di più.