Lavoro, Inapp: “L’occupazione aumenta, ma il gap di genere non migliora”

Secondo i dati del Gender Policy Report dell’Istituto su 100 persone inattive oggi in Italia 64 sono donne. Non lavorano per motivi di cura il 34% delle donne e solo il 2,8% degli uomini. E la metà delle lavoratrici ha un contratto part time

Lavoro, Inapp: “L’occupazione aumenta, ma il gap di genere non migliora”

Nonostante l’incremento numerico delle donne nel mercato del lavoro (il tasso di occupazione femminile tra i 15-64 anni ha raggiunto il 52,5% con +1,4 punti percentuali dall’anno precedente), le problematiche che hanno determinato e continuano a determinare i gender gap nel mercato del lavoro non appaiono risolte. Il gap di genere tra i tassi di occupazione resta mediamente a 18 punti percentuali di differenza e nonostante il leggero calo annuale del tasso dell’inattività, ad oggi il 64% dell’inattività in Italia continua ad essere femminile e motivato prevalentemente da esigenze di carattere familiare. Non lavorano per motivi di cura il 34% delle donne e il 2,8% degli uomini tra i 15 e 64 anni e il 43,7% delle donne e il 4% degli uomini tra i 25-34 anni (classe di età della fecondità media femminile). La motivazione prevalente dell’inattività maschile resta invece lo studio e la formazione. Sono le principali evidenze emerse dal nuovo Gender Policy Report curato dall’INAPP.

In particolare, il Rapporto mette in luce che nel primo semestre 2024 sono state attivate 4.294.151 nuove assunzioni, di cui solo il 42% a donne. Il 24,4% di tutte le assunzioni è avvenuto tramite incentivo, ma nonostante la politica agevolativa restano critici tre indicatori di qualità del lavoro: 1) Livello di stabilità dell’occupazione. La modalità prevalente di assunzione resta il tempo determinato (45,5% per uomini e 40,4% per donne). Il tempo indeterminato copre il 18,3% delle assunzioni maschili e solo il 13,5% di quelle femminili, quota inferiore ai contratti stagionali (17,6%). 2) Incidenza del part time. Di tutti i contratti a donne (che sono il 42% del totale), sono a part time quasi la metà (49,2% contro il 27,3% degli uomini). 3) La “doppia debolezza” di tempo determinato associato a part time colpisce soprattutto le donne. Sono a part time il 64,5% dei contratti a termine delle donne contro il 33% degli uomini.

Nel Rapporto si evidenzia inoltre lo squilibrio dei carichi di cura tra uomini e donne che continua ad avere ripercussioni su occupazione e redditi. Secondo l’indagine Inapp Plus, a seguito della maternità il 16% delle donne smette di lavorare, contro il 2,8% degli uomini. I congedi parentali sono richiesti per l’80% da donne, ma essendo a parziale copertura della retribuzione determinano, secondo le stime Inapp Plus, un gender pay gap (grezzo) di 5mila euro. Altro aspetto da prendere in considerazione è il lavoro povero che ha una forte connotazione di genere: per le donne, date le caratteristiche della loro partecipazione (in primis basse retribuzioni orarie e bassa intensità lavorativa), l’incidenza del lavoro a bassa paga è circa il triplo di quella che si registra sull’occupazione maschile (18,5% contro 6,4%).

Infine, il background migratorio per le donne ha determinato al 2023 un tasso di occupazione più basso rispetto alle donne native (48,7% contro 53,0%) e una disoccupazione più elevata (14,2% contro 8,3%). A parità di lavoro e qualifiche, le donne immigrate, guadagnano comunque meno sia rispetto ai loro colleghi uomini sia alle donne italiane, con una concentrazione nei decili inferiori della distribuzione del reddito. La presenza di figli rappresenta un’ulteriore penalità: se la migrazione è per ricongiungimento o matrimonio, l’inattività risulta maggiore sia delle donne native sia delle donne che migrano per lavoro. Per le donne migrate per lavoro, invece, aumenta il tema degli “orfani bianchi”, figli lasciati nel paese di origine. La complessità delle procedure di ricongiungimento e la parziale copertura di tutele di cui gode il settore del lavoro domestico e familiare in cui sono prevalentemente impiegate rappresenta un ulteriore fattore di marginalità.

Il report propone anche l’analisi di tre direttive europee, in tema di parità di genere, che l’Italia dovrà recepire entro la primavera 2026: le direttive 1499 e 1500 del 2024 sulla razionalizzazione e sostegno degli organismi per la parità e la direttiva 970 del 2023 dedicata al rafforzamento del principio di parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso misure di trasparenza retributiva.

“L’occupazione femminile è una risorsa strategica ma l’incremento del tasso di occupazione per avvicinarlo alla media europea trova l’ostacolo della difficoltà di avere servizi adeguati al lavoro di cura, per l’infanzia e per le persone non autosufficienti – ha dichiarato Natale Forlani, presidente dell’Inapp –. Il lavoro femminile ne risente in termini di qualità dei rapporti di lavoro e una quota significativa di donne rinuncia a cercarlo. L’obiettivo di aumentare la dotazione di servizi e di migliorare la quantità e la qualità dei rapporti di lavoro delle donne, diventa pertanto una priorità delle politiche del lavoro”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)