La dittatura dell’Io. L'inverno demografico e la paura del futuro
L’Italia, come emerge da una recente inchiesta, è il Paese delle culle vuote, ha il saldo peggiore da cent’anni: nel 2019 ci sono state 435.000 nascite a fronte di 647.000 morti.
“La crisi ha pesato su tutto, anche sulla voglia di avere figli. Ma non è detto che le coppie sarebbero più propense ad allargare la famiglia se migliorassero gli interventi pubblici. E’ un problema più profondo, di mentalità e di dittatura dell’io. Una società che non sa più dire ‘noi’ non fa figli”.
Come è suo solito Giuseppe De Rita., fondatore del Censis, dopo aver analizzato i diversi aspetti, va al cuore del problema.
L’Italia, come emerge da una recente inchiesta, è il Paese delle culle vuote, ha il saldo peggiore da cent’anni: nel 2019 ci sono state 435.000 nascite a fronte di 647.000 morti. Sono sempre più numerose le case di riposo per anziani piene di silenzio e sempre meno le case per i bimbi piene di risatine. L’inverno demografico rimane la stagione più resistente. Della primavera demografica nessuna traccia salvo qualche caso in controtendenza come accade a Livigno all’estremo nord del Paese.
Le cause della denatalità vengono, giustamente, fatte risalire alla precarietà e all’incertezza del lavoro, alla mancanza di lavoro, allo stress da lavoro, alla scarsità di sostegni alle famiglie.
Eppure, dice De Rita, ci sono altre cause: “Se non si fanno figli è soprattutto perché non si vuole ridimensionare tenore di vita, abitudini e comodità. I figli costano e obbligano eterni Peter Pan a uscire dal loro egoismo”.
Ancora però non basta per spiegare l’inverno demografico: c’è qualcosa di ancor più profondo e che rivela il male sottile di cui sta soffrendo la società italiana.
E questo male è la paura, la paura del futuro.
La vita viene fermata da una paura diversa da quelle che si vissero nei tempi della guerra, della fame, della miseria.
E’ quella di oggi una paura “medievale” che si fa strada nel tempo della ragione, dell’intelligenza artificiale, delle conquiste della scienza e della tecnica.
“Le culle sempre più vuote – commenta De Rita – sono il risultato di un Paese impaurito, ripiegato sul presente, incapace di pensare al futuro”.
La politica si preoccupa e mette in campo misure di sostegno che sono sì indispensabili ma non sufficienti per vincere la paura.
Si ha anche l’impressione che i genitori siano considerati come macchine di produzione e anche se questa non è l’intenzione rimane il dubbio che l’essere umano non veda riconosciuto in tutta la sua dignità.
Tocca alla cultura fare un passo avanti e motivare la scelta di diventare genitori. Il passo non è quello di cancellare l’io ma di aprirlo al noi, di portarlo al ritrovamento di sé stesso nel noi.
Il passo è ribellarsi alla dittatura dell’io.