L'associazione Domna cerca una nuova "casa". E con lei, i tanti bambini che la frequentano
Il 30 giugno, l'associazione dovrà lasciare il locale, vicino largo Debussy, nel quale era in affitto da tre anni. Alessia e le altre socie vogliono però rimanere in Arcella: qui ci sono più di 80 ragazzi che si sentirebbero smarriti
Obey, al secolo Shepard Fairey, è uno dei più influenti e poliedrici artisti che dai murales e dalle opere urbane è arrivato a sostenere (seppur non ufficialmente) la campagna elettorale di Barack Obama nel 2008. Il manifesto “Hope”, che riproduceva il volto stilizzato in quadricromia del rappresentante democratico alla Casa Bianca, è stato riconosciuto come iconico ed efficace al pari del vecchio Zio Sam.
Chi riconosce il suo stile non può non notare il quadro appeso sulla sinistra appena si entra nella sede di Domna, a un passo da largo Debussy, nel quartiere Arcella.
L’opera, raffigurante un volto femminile dai capelli leggermente mossi dal vento, fa parte della serie “We the people” e, quasi come involontaria installazione che chiama all’adunata il popolo, appena sotto il quadro c’è una moltitudine di bicchieri di plastica, ora bianchi, qualcuno rosso, altri gialli e trasparenti. Sopra, scritti con il pennarello, ci sono i nomi di Ada, Chiara, Maxim e così via. Sono solo alcuni degli 84 bambini che frequentano la sede anche se sarebbe più corretto iniziare a farsi l’abitudine e declinare il verbo al passato: il 30 giugno, infatti, Domna abbasserà la serrante del locale in via Leonardo da Vinci 3/5.
«Eravamo in affitto e abbiamo dato la disdetta perché economicamente non riusciamo più a coprire le spese – motiva Alessia Conti, tra le fondatrici dell’associazione – I primi due anni abbiamo messo tutto di tasca nostra, poi dal terzo anno abbiamo iniziato a chiedere cinque euro al giorno ai familiari che lasciano qui i bambini, ma non tutto riescono a pagarli, alcuni ci vedono anche come sostituzione al servizio di babysitter. Ma anche così siamo in difficoltà perché con questa cifra compriamo quaderni, matite e altro materiale»
Domna, che conta circa 200 soci, nasce nel 2015 come associazione di promozione sociale e culturale, ma nel corso delle attività svolte è diventata un luogo di aggregazione e un punto di riferimento per supporto e attività alle famiglie, agli anziani e soprattutto ai bambini di questa zona del quartiere a nord di Padova.
Ed è proprio in Arcella che Alessia e le altre socie vogliono ripiantare le loro radici ormai pressoché sradicate, perché andare via significherebbe tradire la fiducia dei ragazzi: «Ognuno di loro ha una storia complessa alle spalle tra problemi familiari, economici e disturbi dell'apprendimento, ma noi sia umanamente che professionalmente siamo preparate. Noi li togliamo davvero dalla strada, vanno dalla terza elementare fino alla terza media, un età sensibile nella quale con il giusto supporto possono cambiare e adottare nuovi modelli di vita».
L’auspicio è che il verbo declinato al passato possa trovare nuovo tempo futuro: Domna sta chiedendo all'amministrazione comunale un luogo in linea con le loro necessità e un supporto economico affinché tutte le loro iniziative e i cinque euro giornalieri dei genitori possano servire per rimborsare i tanti volontari che, tra psicologi, insegnanti in pensione, e studenti con il programma alternanza scuola-lavoro danno una preziosa mano nelle attività educative.
Il motto di Domna è “creiamo valore”, un circolo dove la porta d’ingresso è sempre aperta con attività mattutine rivolte principalmente agli anziani per poi aprirsi al mondo dei più piccoli nel pomeriggio con assistenza allo studio per sbrigare efficacemente i compiti: «E funziona bene perché loro scelgono di stare qui – fa notare Alessia – non sono obbligati, non la vedono come suola, qui capiscono che ci mettono un’ora per terminare i compiti, non quattro come quando sono a casa. E con gli insegnanti stessi concordiamo il programma di studio al punto che ho anche le deleghe dei genitori per parlare con le maestre».
Entro il 30 giugno il locale dovrà essere svuotato: tavoli, sedie, lavagne, i disegni appesi al muro, tutto dovrà trovare una sistemazione provvisoria o, magari, una nuova casa dove poter già portare gli oggetti e ripartire. Così Ada, Chiara, Maxim e tutti gli altri potranno nuovamente personalizzare i bicchieri con i propri nomi.