Immaturi a chi? Forse non abbiamo ancora chiara la direzione che il futuro della nostra società sta prendendo
La scuola dovrebbe avere la funzione prioritaria di riequilibrare le condizioni di vita e le opportunità dei futuri cittadini della nostra Repubblica.
Nei giorni scorsi diciotto regioni e una cinquantina di città sono state interessate da cortei, presidi e flashmob di protesta studentesca. “Gli immaturi siete voi”, questo lo slogan gridato nelle piazze dai giovani che contestano la proposta ministeriale per l’Esame di Stato 2022. Nel mirino della protesta in maniera particolare, la seconda prova scritta: i maturandi chiedono che l’esame si basi sui loro percorsi personali, tenendo in considerazione i tre anni scolastici funestati dalla pandemia.
Le risposte e i commenti dell’opinione pubblica sono stati molteplici. Alcuni hanno sbeffeggiato o addirittura condannato le sollevazioni dei ragazzi, altri le hanno sostenute. È naturale che, dopo aver “alleggerito” per due anni di seguito le prove di un esame tanto importante a causa dell’emergenza Covid-19, ora l’ipotesi di tornare a una strutturazione dello stesso più articolata e rigorosa incontri una certa resistenza. È anche evidente che, al di là delle prove previste, a concorrere alla valutazione dei maturandi non sarà soltanto la prova in questione, ma anche altri elementi che certamente potranno testimoniare la formazione, l’impegno e il cammino dei singoli studenti. I docenti esaminatori, al di là del tipo e del numero delle prove somministrate, non potranno infine non tener conto di quanto disagio e sacrificio la pandemia abbia inflitto soprattutto agli studenti della scuola superiore.
In ogni caso questo scenario, come pure quello che ha caratterizzato le settimane precedenti particolarmente interessate dai contagi, appare – come al solito quando i media parlano di scuola – troppo semplicistico e polarizzato. La questione non può essere soltanto ridotta a una levata di scudi a favore o contro la seconda prova d’esame. Il problema, ben più ampio, riguarda una certa e pericolosa mancanza di consapevolezza circa la situazione dei minori, e quindi degli studenti, nel nostro Paese.
Già prima della pandemia le rilevazioni Istat avevano indicato l’Italia tra i Paesi più colpiti dell’Unione europea dal fenomeno della povertà economica e culturale minorile. Una condizione diversa da quella degli adulti, di gran lunga più grave nei suoi effetti che impattano sulla crescita, sulla salute, sull’educazione e anche sulle aspirazioni dei singoli. I minori in povertà sono oltre 1,3 milioni, uno su sette secondo i dati più aggiornati.
Continuiamo a concentrarci sulla presenza o meno di una prova in un esame conclusivo, senza occuparci nella corretta misura di quanto ancora le condizioni familiari, sociali e ambientali condizionino il successo scolastico dei nostri ragazzi. La scuola, oltre a fare esami, dovrebbe avere la funzione prioritaria di riequilibrare le condizioni di vita e le opportunità dei futuri cittadini della nostra Repubblica. Soprattutto chi ne detta le regole dovrebbe maggiormente soffermarsi sulle cause che determinano la caduta degli apprendimenti. Serpeggia una fortissima e dilagante perdita di motivazione fra i nostri giovani, latita la volontà di costruire il futuro, l’attitudine alla socialità è fragile e anche i più fortunati appaiono spaesati e pieni di contraddizioni.
Forse davvero gli immaturi siamo noi, o meglio forse non abbiamo ancora chiara la direzione che il futuro della nostra società sta prendendo. Ed è futuro nel quale i nostri figli sono immersi, ma che per molti aspetti abbiamo costruito con le nostre stesse mani.
La scuola negli ultimi tre anni è stata messa a dura prova. Fatica a restituire il senso del suo percorso, probabilmente perché quel senso è in crisi alla sua stessa radice.
Certamente non miglioreremo il livello di preparazione nelle scuole togliendo o mantenendo una prova, è gravemente miope chi crede in questo arroccamento delle parti.
Ancora una volta ci troviamo a fissare il dito, dimenticandoci che esso indica la luna…