Il senso delle Istituzioni nei giorni del Coronavirus
Il Governo è uno strumento di tutto il Paese e ciò è particolarmente vero in questo momento di emergenza.
In pochi giorni tutto è cambiato anche nei palazzi della politica. Per il coronavirus è stato rinviato il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari e anche la grande tornata di elezioni regionali e amministrative rischia di slittare a dopo l’estate. Di crisi di governo e di elezioni politiche anticipate quasi nessuno parla più e chi ancora lo fa sembra un marziano capitato per caso sul nostro pianeta. Per prudenza il Parlamento lavora a regime ridottissimo e solo sulle questioni urgenti. Al di là delle facili ironie, non ci vuole molto a capire che sarebbe un bel problema se per il contagio venisse alterata o compromessa la possibilità di approvare leggi e decreti. Del resto il coronavirus non ha risparmiato nessuno: presidenti di Regione, sindaci, prefetti, questori, generali, segretari di partito.
Tutto questo dovrebbe contribuire a un clima di solidarietà anche nella politica. Solidarietà che non vuol dire rinuncia al dibattito o cancellazione delle differenze, ma capacità di convergere verso un bene più grande dei consensi del proprio partito o degli elettori della propria Regione. Teniamoci stretta con orgoglio la nostra faticosa democrazia pluralista che non abdica ai suoi principi di fronte alle emergenze, anche se i regimi illiberali danno l’impressione (solo l’impressione) di essere più efficaci. E difendiamo anche la trasparenza con cui il governo sta provando a gestire una situazione senza precedenti nella storia della Repubblica. Fa venire i brividi l’argomentazione secondo cui avremmo dovuto essere “furbi” come gli altri Paesi europei sul piano della comunicazione. Errori da parte italiana ce ne sono stati, ma avremmo forse preferito che il governo giocasse a nascondino con i dati? Molti di quelli che sentenziano su questo terreno sarebbero stati i primi a stracciarsi le vesti.
Piuttosto, l’emergenza sanitaria ha portato alla luce un problema di fondo della politica italiana su cui sarebbe necessario un serio esame di coscienza collettivo: un insufficiente senso delle istituzioni. Le istituzioni sono le articolazioni che danno concretezza strutturale a quell’idea di una casa comune che informa la nostra Costituzione. Rappresentano una sfera in cui tutti dovrebbero potersi riconoscere, al di là di coloro che temporaneamente rivestono i diversi incarichi. Il governo, per esempio, non è la mera proiezione della maggioranza parlamentare che lo sostiene e tantomeno dei partiti che compongono tale maggioranza. E’ uno strumento di tutto il Paese e ciò è particolarmente vero in questo momento di emergenza. Al governo – lo ha ricordato solennemente il Capo dello Stato nel videomessaggio dei giorni scorsi – “la Costituzione affida il compito e gli strumenti per decidere”.
Le sue decisioni sono sempre potenzialmente criticabili, ma nel frangente in cui ci troviamo questo esercizio di critica dovrebbe comportare un sovrappiù di quel senso di responsabilità che pure è sempre un ingrediente indispensabile del dibattito democratico. E si ragioni comunque sulle decisioni effettivamente prese, non sulle bozze fatte circolare da qualche sciagurato per incoscienza o interesse di parte. E’ accaduto, per esempio, con il decreto dell’8 marzo che tutto il Paese aspettava con ansia. Era ancora in corso la necessaria interlocuzione istituzionale con le Regioni che precede la messa a punto definitiva delle norme e già fioccavano pubblicamente i commenti, compresi quelli – parzialmente negativi – dei presidenti delle stesse Regioni interessate. Aiutiamoci tutti a rispettare le regole: questo è più che mai il momento di fare ciascuno il proprio dovere. A cominciare dagli operatori della comunicazione che in questa situazione hanno una responsabilità enorme.