Giona e la seconda volta. Conversione, via verso la santità
Chiamati a essere testimoni della misericordia di Dio, non della sua perfezione.
Pensando alla Quaresima, viene in mente la conversione. E pensando alla conversione, viene in mente il libro del profeta Giona. Proprio qualche giorno fa, infatti, la liturgia feriale ci proponeva di leggerne alcuni versetti: «Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: “Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico”. Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: “Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani”» (Gn 3,1-5.7-8).
Viene da sorridere a immaginare gli animali vestiti di sacco; ma è un modo con cui il libro di Giona dice: la cittadina di Ninive si è convertita tutta, dal primo all’ultimo abitante, uomo o animale che fosse. E pensare che era una città immensa: era la capitale dell’impero assiro; era abitata da persone rozze, «che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra» (Gn 4,11); gente violenta, famosa in tutto il vicino oriente antico per la ferocia con cui conquistava i nemici. Eppure è bastato un solo giorno di predicazione da parte di Giona e si sono convertiti tutti, ma proprio tutti!
Troppo facile? La conversione dei niniviti sì, è stata fin troppo facile. Ma il libro del profeta Giona ci racconta anche di un’altra conversione, molto più difficile: la conversione del profeta stesso!
Se ci avete fatto caso, il brano citato all’inizio dice che «fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore». La prima volta il profeta s’era ribellato: aveva preso una nave per andare nella direzione opposta rispetto a Ninive; ma la nave era finita in un nubifragio terribile e stava per affondare e lui era stato gettato in mare dal resto della ciurma. Finito nel ventre di un pesce gigante (la famosa balena), rimane stranamente vivo per tre giorni e tre notti; invoca l’aiuto di Dio e viene risputato fuori.
Lo immaginiamo lì sulla spiaggia, ancora bagnato fradicio, quando Dio gli rivolge per la seconda volta l’invito ad andare a Ninive. Questa volta Giona ci va, malvolentieri però. Annuncia la conversione sperando che i niniviti non lo ascoltino, e quando vede che invece si sono convertiti tutti, è dispiaciuto e si lamenta con Dio. Gli dice: ecco perché non volevo andare a Ninive; perché sapevo che poi si sarebbero convertiti e tu li avresti perdonati! Giona non accetta che Dio sia buono; gli fa rabbia che perdoni i peccatori. Ha la stessa mentalità del fratello maggiore, quello che non vuole rientrare a casa perché il padre ha accolto il figlio prodigo.
È più facile convertire una città di 120 mila peccatori, che un profeta che ne sa più di Dio… La tradizione ha posto il 21 settembre, all’ombra della festa di san Matteo apostolo, la memoria di san Giona profeta, invitandoci a non dimenticarlo. Don Giuseppe Zanon, quand’era rettore del seminario, amava ripetere che siamo chiamati a essere testimoni della misericordia di Dio, non della sua perfezione. Siamo anche noi in cammino, sulla via della conversione che porta alla santità.