E se si parlasse di Curriculum Vitae a scuola?
Al di là della sua funzione professionale, il CV di un giovane potrebbe essere paragonato metaforicamente a una sorta di sintetico diario di navigazione. Attraverso le annotazioni e la cronologia riportate in questo documento, infatti, è possibile tracciare un immaginario “portolano” con tutti gli itinerari e gli approdi compiuti dal candidato
Il primo approccio con il mondo del lavoro è rappresentato per molti giovani dalla compilazione del Curriculum Vitae et Studiorum (CV) da inviare a diverse aziende per partecipare alle selezioni del personale. Si tratta di una operazione delicata, perché la prima scelta da parte dei recruiter, ovvero dei reclutatori, avviene proprio sulla base dei contenuti del CV inviato. Non è semplice costruire un CV che sia in grado di esprimere davvero le competenze e le potenzialità di un giovane.
Al di là della sua funzione professionale, il CV di un giovane potrebbe essere paragonato metaforicamente a una sorta di sintetico diario di navigazione. Attraverso le annotazioni e la cronologia riportate in questo documento, infatti, è possibile tracciare un immaginario “portolano” con tutti gli itinerari e gli approdi compiuti dal candidato.
Sarebbe utile, una volta tanto, portare un modello di CV in una classe di scuola superiore, o in un gruppo educativo che raccoglie adolescenti, per riflettere assieme sull’itinerario di vita che sta dietro a quel documento.
La prima domanda sulla quale interrogarsi potrebbe essere: quali sono le risorse alle quali un adolescente può attingere nella costruzione del suo percorso di studi, di specializzazione e di orientamento professionale… e, quindi, infine di un Curriculum Vitae?
Per giungere efficacemente agli “approdi” descritti da un CV la scuola, le famiglie e i luoghi di aggregazione giovanile dovrebbero dedicare maggiore attenzione alla costruzione del mindset, alla valorizzazione del capitale psicologico e alla maturazione delle abilità dei singoli ragazzi.
Che cos’è il mindset? È il nostro “assetto mentale”, il modo in cui comprendiamo i contenuti che ci vengono proposti e in cui reagiamo a ogni situazione. Le “credenze che adottiamo riguardo a noi stessi” influenzano profondamente il modo in cui gestiamo la nostra vita. Ciò significa che l’atteggiamento mentale, il nostro modo di ragionare, ossia il mindset, influisce notevolmente sul modo in cui noi gestiamo la nostra vita. Il mindset è comunque un assetto dinamico, ci si può lavorare. Per farlo occorre uscire dalle proprie zone di comfort e intraprendere percorsi di crescita. Come? Rinforzando la propria autostima, imparando la gestione dei fallimenti, trovando nelle situazioni negative spunti di crescita positiva, scoprendo e valorizzando le proprie attitudini, puntando sulla curiosità come motore di ricerca e realizzazione personale, concentrandosi più sui processi che sui risultati.
Per imparare a lavorare sul proprio mindset i giovani hanno bisogno di buone guide e di persone che abbiano fiducia in loro.
Il capitale psicologico è una scoperta interessante. Si tratta del patrimonio che caratterizza un individuo rispetto a un altro ed è quello che aiuta a esprimere il talento che ciascuno possiede, trovando in sé stessi le risorse per riuscire. Esso si fonda sulla determinazione, il senso di autoefficacia, la resilienza e l’ottimismo. Trova solidità, inoltre, nel senso di appartenenza a un gruppo, a una comunità che è in grado di riconoscere e valorizzare in maniera reciproca le potenzialità dei singoli.
Bisognerebbe puntare fin da subito all’incremento del capitale psicologico dei nostri figli. Invece di soffermarci su “cosa” possono fare, proviamo a partire da “chi” essi sono o avranno la possibilità di diventare!
Poi ci sono le abilità e le competenze e qui il capitolo spetta tutto alla scuola. Si parla da oltre dieci anni di apprendimento per competenze e di traguardi formativi. I documenti ufficiali raccomandano agli insegnanti di orientare il proprio lavoro alla “formazione” e di abbandonare l’approccio meramente valutativo nei percorsi scolastici. Il futuro non è nelle nozioni che i nostri figli possono “collezionare” all’interno delle loro teste, ma nelle capacità di creare collegamenti, di ricercare, di sciogliere nodi e di trovare soluzioni, di “capitalizzare” (torna di nuovo questo termine) le esperienze. Per fare questo ci vuole un ambiente di apprendimento dinamico, cooperativo e fortemente orientativo.
Come spesso accade il nostro limite più grande, anche nell’educazione dei nostri giovani, sta nella resistenza al cambiamento nei confronti del quale nutriamo pregiudizi e sospetti.
La società complessa è piena di nodi e criticità, ma anche ricca di risorse.