Decreto sicurezza bis, Salvini accelera. Restano le sanzioni, tante le critiche
Nell’ultima versione del decreto tolte le multe a migrante ma restano le sanzioni amministrative fino a 50 mila euro per il comandante della nave. Asgi: “Tentativo del ministro di sostituirsi alla magistratura”. Le ong: “Cooperazione internazionale non è merce di scambio per rimpatri”
ROMA - “Conto che sia convocato già questa settimana il Consiglio dei ministri. Il decreto sicurezza bis è pronto per diventare legge dello Stato. Gli ostacoli erano già stati superati la settimana scorsa, per opportunità elettorale abbiamo aspettato. Ma prima lo si approva meglio è, negli ultimi giorni non si sono registrati sbarchi di barchini o barconi, ma l’estate è alle porte, quindi avere delle regole certe su cosa si può fare o non si può fare è fondamentale”. Lo ha ribadito nella serata di ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ora forte del consenso nell’ultima tornata elettorale, accelera su alcuni provvedimenti, primo fra tutti il decreto sicurezza bis.
Cosa prevede il dl. Il testo interviene, in particolare, sulla questione migratoria, con un’attenzione particolare al soccorso in mare e sulle misure legate alla gestione dell’ordine pubblico. L’ultima bozza, datata 27 maggio, è sostanzialmente uguale a quella della settimana scorsa, a parte piccole modifiche e scremature. Rispetto alla prima versione era stata tolta la cosiddetta multa “a migrante” che tanto aveva fatto discutere, sostituita con una sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro nei confronti del comandante, dell’armatore e del proprietario della nave, in caso di sbarco in Italia di migranti dopo un’operazione di soccorso, se non vengono rispettate le normative nazionali e internazionali. Il decreto prevede anche l’istituzione di un Fondo per i rimpatri. Il fondo è destinato a “finanziare interventi di cooperazione mediante sostegno al bilancio generale o settoriale ovvero intese bilaterali, comunque denominate, con finalità premiali per la particolare collaborazione nel settore della riammissione di soggetti irregolari presenti sul territorio nazionale e provenienti da Stati non appartenenti all’Unione Europea”. La dotazione iniziale del fondo è pari a 2 milioni di euro per l’anno 2019. E potrà essere incrementata da una quota annua non superiore a 50 milioni di euro. Una delle novità riguarda il soccorso in mare. Per quanto riguarda il soccorso in mare il ministero degli Interni "può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all’articolo 19, comma 2, lettera g), limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689. Il provvedimento è adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri". Sul piano della sicurezza pubblica vengono inoltre inasprite le pene in caso di reati commessi durante manifestazioni ed eventi sportivi.
Le critiche. Ad avanzare dubbi sul decreto è innanzitutto l’Asgi, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione. “Per quanto riguarda il soccorso in mare - spiega il vicepresidente Gianfranco Schiavone - il rinvio è all’articolo 19 della Convenzione di Montego Bay, relativo al “passaggio inoffensivo” che secondo il decreto non è più considerato tale se finalizzato al carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi nello stato costiero. Perché si verifichi questa violazione l’unico riferimento possibile è all’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione, e cioè al reato di favoreggiamento di immigrazione irregolare. Qui, però, entriamo nel campo penale che è di stretta competenza dell’autorità giudiziaria - aggiunge -. Ci deve essere, cioè, almeno un’ipotesi di reato: la procura dovrebbe ritenere che ci siano gli estremi per la violazione dei reati e agire. Non può l’autorità amministrativa sostituirsi e agire per proprio conto. Per questo si può ritenere la norma sostanzialmente priva di significato: si avvia un iter amministrativo (le sanzioni, il sequestro) quando in realtà non è sollevata alcuna violazione. Si tenta di fare tutto da sè, sostituendosi all’autorità giudiziaria e aggirando le competenze della magistratura, probabilmente non gradite, soprattutto in cosniderazione degli ultimi eventi. L’altro obiettivo - aggiunge - è di scoraggiare e dissuadere le organizzazioni ad andare avanti evocando multe sempre più alte”.
L’altro aspetto che preoccupa è quello relativo al Fondo per i rimpatri. Già ieri le principali organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo hanno alzato la voce. In particolare, Cini, Aoi e Link2007 temono che la cooperazione sia considerata una “moneta di scambio” per ottenere accordi con i paesi di origine dei migranti e riuscire più facilmente a rimandare indietro le persone. “Già in passato - ricorda Schiavone - il nostro paese aveva adottato misure con cui venivano favoriti alcuni paesi nella determinazione delle quote di ingresso se collaboravano alla riammissione. Una misura premiale già c’era stata, la differenza fondamentale è che viene stravolto il significato stesso di intervento di cooperazione, che non ha nulla a che fare con queste materie. La cooperazione deve avvenire sulle basi di una valutazione sulle condizioni del paese a cui è rivolto l’intervento. L’intenzione deve essere favorire lo sviluppo, perseguire gli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite. Qui invece diventa uno strumento per le politiche migratorie - conclude - Se un paese non collabora non c’è cooperazione? C’è un pericolo anche concettuale di sovrapporre ambiti diversi”. (ec)