Covid-19 e malavita organizzata. Fari puntati su mafie e fondi Ue
Covid-19 e malavita organizzata. Gli inquirenti osservano da vicino la trasformazione del tessuto economico in Veneto. Da tempo nascono nuovi soggetti imprenditoriali che rispondono esattamente alle direttrici individuate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non tutto è illegalità, ma serve attenzione
Mentre la curva epidemiologica sancisce la terza ondata Covid-19 nel nostro Paese, gran parte delle Regioni passano in zona rossa e si ritorna alla didattica a distanza per tutte le scuole di ogni ordine e grado, la politica lavora alla ricostruzione dell'Italia del futuro con l’obiettivo di renderla più ecologica, digitale e resiliente.
Lo strumento messo in campo è il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che coglie la grande occasione dei 750 miliardi di euro che la Commissione europea intende ripartire tra gli Stati membri per riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia. Del totale dei fondi europei il nostro Paese ha a disposizione circa 200 miliardi di euro da investire in progetti riguardanti sei aree d’intervento: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e sociale e salute.
«Non sono un regalo dell’Europa – fa notare il generale di divisione Giovanni Mainolfi, comandante della Guardia di finanza del Veneto – ma un debito che stiamo mettendo sulle spalle delle future generazioni. Per questo la politica deve impegnarsi a essere etica nelle scelte che opera e comportarsi come farebbe un buon padre di famiglia pensando al futuro dei propri figli. Purtroppo, però, alcuni segnali che ci arrivano dalle cronache giudiziarie non sembrano andare in questa direzione».
Il Pnrr è un’opportunità per ricostruire il Paese che fa gola, anche, ai sodalizi mafiosi che negli anni hanno occupato il mercato legale manifestando una crescente attitudine a sviluppare le attività illecite in ambiti imprenditoriali.
«Prevenire è meglio che curare – spiega il generale – per questo già il primo marzo dello scorso anno abbiamo messo intorno a un tavolo tutte le associazioni produttive del Veneto per creare una rete capace di monitorare sia le ditte individuali che le imprese con l’obiettivo di riuscire ad accorgerci in maniera repentina delle infiltrazione della criminalità economica organizzata nel tessuto produttivo sano».
È essenziale creare una barriera capace di vigilare sui soggetti mafiosi che entrano nel mercato imprenditoriale attraverso la costituzione di nuove società; l’acquisizione di imprese già avviate; la sostituzione di amministratori delegati; l’acquisizione di quote nei consigli di amministrazione e il monitoraggio di tutti quei soggetti preposti al controllo, come i revisori dei conti o i professionisti che gravitano intorno alle imprese, che sono disposti a compromessi con la criminalità organizzata.
«In questi mesi – prosegue Mainolfi – nel tessuto produttivo veneto si stanno affacciando nuovi imprenditori che prima avevano altre occupazioni. Si stanno costituendo nuove attività, ci sono cambi ai vertici di aziende già esistenti e si stanno registrando nuovi oggetti sociali orientati esattamente verso le sei direttrici previste dal Pnrr. Ovviamente non tutto quello che registriamo nel mercato è “patologico” ma sicuramente serve vigilare per individuare una serie di soggetti che sono entrati nel tessuto produttivo solo per fare affari illeciti con i fondi europei».
Le mafie guardano lontano nello spazio e nel tempo, con una straordinaria capacità di ampliare gli orizzonti operativi e strategici per indirizzare quantità ingenti di denaro di provenienza illecita verso nuove opportunità derivanti dalla post-epidemia.
Non a caso la Direzione investigativa antimafia (Dia) nella relazione del primo semestre del 2020 lancia l’allarme sul pericolo di accaparramento da parte delle mafie dei fondi europei che per la loro entità costituisco una formidabile occasione di arricchimento per la criminalità organizzata e di infiltrazione e inquinamento del mercato legale.
«Le organizzazioni criminali – spiega il colonnello Paolo Storoni capo del Centro Dia del Triveneto – si muovono come abili e facoltosi operatori economici. Lo abbiamo già riscontrato nella prima fase della pandemia quando la criminalità organizzata ha tempestivamente colto l’opportunità dei ristori e dei finanziamenti arrivati dallo Stato consapevole che i controlli sono fatti solo dopo l’erogazione dei fondi».
In Veneto nel 2020 sono nate molte società con l’unico scopo di fare fatture false riferite all’anno precedente per prestazioni d’opera, d’intelletto o di lavoro inesistenti ma utili ad aumentare il volume d’affari del 2019. Con questo stratagemma si è creata una grossa discrepanza tra i guadagni dichiarati nel 2020 (in perdita) e quelli dell’anno precedente (in attivo). È così che in maniera fraudolenta queste imprese hanno avuto accesso ai ristori erogati per il Covid-19. Anche la cassa integrazione è stata l’occasione per raggirare lo Stato e riciclare denaro sporco. Alcuni imprenditori privati, infatti, hanno richiesto l’indennità per i propri dipendenti che intanto continuavano a lavorare pagati in contanti dal datore di lavoro mentre lo Stato erogava per loro la cassa integrazione.
«È facile comprendere – prosegue il colonnello – come oggi non ci troviamo più di fronte a reati mafiosi come estorsioni, minacce o usura. Le mafie del Sud si sono trasformate al Nord in eccellenti imprese che si muovono secondo le regole economiche diversificando i propri investimenti anche tra le attività lecite».
La criminalità organizzata coglie in modo tempestivo le grandi opportunità offerte da questo tempo di Covid e non mancherà di farlo neanche con i fondi europei che arriveranno. È essenziale che gli inquirenti siano messi in condizione di agire con rapidità. «Il primo passo – sottolinea Storoni – è la condivisione di tutte le banche dati e le informazioni della pubblica amministrazione. Dobbiamo poter accedere facilmente dalle nostre scrivanie alla totalità delle informazioni anche quelle delle imprese più piccole. Per far questo non occorrono ingenti risorse ma serve la volontà di organizzare bene le informazioni».
In questo momento storico c’è bisogno di una visione strategica. Nei prossimi anni ci sarà l’avvio di tanti cantieri e sarà opportuno vigilare non tanto su quelli pubblici, che sono ben controllati, quanto su quelli sotto la soglia dei 150 mila euro che non richiedono la certificazione antimafia e che gli enti pubblici possono assegnare con affidamenti diretti.
«Se in un territorio regionale – conclude il colonnello Storoni – si spendono, per esempio, circa 800 milioni di euro all’anno per lavori pubblici e di questi solo 80 milioni sono con certificazione antimafia, tutti gli altri sono sotto soglia, è evidente che il sistema di controllo è eluso. Ma se avessimo a disposizione delle piattaforme telematiche che mettono in rete anche i dati dei piccoli imprenditori, che oggi sfuggono alle maglie normative, sarebbe più facile accorgerci che lo stesso fornitore risulta affidatario di tanti piccoli appalti e potremmo scoprire che così facendo la criminalità organizzata riesce a raggiungere l’obiettivo strategico di ottenere piccoli guadagni su tanti fronti senza destare sospetti».
La chiave di volta sta nella cultura
Per combattere l’illegalità bisogna puntare sulla cultura. Per questo la Guardia di finanza del Veneto ha siglato due importanti protocolli con la Rete dei musei nazionali del Veneto e la Fondazione dei musei civici di Venezia per avvicinare i cittadini alle istituzioni, anche attraverso la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, architettonico e culturale del Corpo e della città di Venezia.
21 marzo, Libera ricorda le vittime innocenti
L’elenco delle vittime innocenti delle mafie che ogni anno il 21 marzo Libera legge in tanti luoghi in Italia e del mondo è il frutto della raccolta paziente dei volontari che hanno scavato nella storia dei territori in cui vivono trovando nomi e storie.
Matteo Toffanin, ucciso per uno scambio di persona
Padova purtroppo ha la sua vittima innocente di mafia. È Matteo Toffanin che la sera del 3 maggio 1992 fu scambiato per un pregiudicato proprietario di una Mercedes identica alla sua e per questo ucciso da una raffica di colpi in via Tassoni sotto casa della fidanzata Cristina Marcadella. I due giovani si stavano salutando al rientro da una giornata trascorsa al mare con gli amici. I proiettili hanno squarciato il silenzio della via e un odore acre si è diffuso nell’aria calda di inizio estate. In un attimo Matteo si è accasciato senza vita sul sedile dell'auto e Cristina è stata ferita alle gambe. L’ambulanza, l’ospedale, l’intervento e l'inizio per Cristina di una vita da vittima innocente di mafia senza Matteo.
20 e 21 marzo. Libera ricorda le vittime
L’emergenza Covid-19 impone a "Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie" di ripensare, anche quest’anno, le modalità di svolgimento della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che da ventisette anni si celebra il 21 marzo coinvolgendo una vasta rete di associazioni, scuole e realtà sociali.
Un momento di riflessione, approfondimento e testimonianza attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie. Persone che hanno subito una grande lacerazione che tutti noi possiamo contribuire a ricucire costruendo insieme una memoria comune a partire dalle storie delle vittime i cui nomi ogni anno sono letti all’unisono in tante piazze d’Italia ma, anche, d’Europa, Africa, America Latina. Un modo per non far morire l’esempio di chi ha combattuto le mafie a viso aperto non cedendo alle minacce e ai ricatti che gli imponevano di derogare dal proprio dovere professionale e civile. Un’occasione per ricordare, anche, le vite di chi, suo malgrado, si è ritrovato nella traiettoria di una pallottola o vittima di potenti esplosivi diretti ad altri.
Quest’anno lo slogan della Giornata è: “A ricordare e riveder le stelle”. Un titolo che da un lato invita a richiamare nel cuore coloro che hanno perso la vita per mano mafiosa così che possano rivivere nella nostra capacità di fare memoria; dall’altro ricorda i versi che Dante Alighieri, il sommo poeta di cui quest’anno si celebrano i 700 anni dalla morte, usa per salutare i suoi lettori alla fine del viaggio nell’Inferno della Divina commedia: «E quindi uscimmo a riveder le stelle».
Il desiderio di “riveder le stelle” e di uscire dall’inferno della pandemia, dopo un anno di isolamento e distanziamento, è forte tra tutti i cittadini e Libera invita a guardare verso un orizzonte migliore da costruire insieme, a partire dalla memoria di chi ci ha lasciato un testimone nelle mani di un corridore che deve vincere la gara più importante, quella per l’affermazione del bene collettivo, del bene comune.
Come ogni anno la mattina di sabato 20 marzo vengono letti i nomi delle vittime innocenti delle mafie. Compatibilmente con le norme Covid in vigore la lettura avviene in luoghi di cultura, scelti proprio con l’obiettivo di ridare visibilità a un settore che in questo ultimo anno è stato spesso penalizzato e messo ai margini, ritenuto non essenziale, ma che è fonte primaria per l’evoluzione umana. Domenica 21 marzo, invece, ogni presidio Libera del territorio organizza incontri, momenti di riflessione e confronto sui temi della legalità. Il programma delle due giornate sul sito di Libera Veneto si trova su liberaveneto.org.
Anac: 714 milioni di euro spariti dai bandi nel 2020
Secondo l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) dall’inizio della pandemia sono stati messi a bando per la crisi sanitaria Covid-19 oltre 885 milioni di euro. Soldi spesi per l’acquisto di servizi e forniture, dalle mascherine ai banchi con rotelle, attraverso procedure straordinarie. Ma le stazioni appaltanti hanno comunicato soltanto importi aggiudicati per 171 milioni di euro. Significa che per oltre l’80 per cento non si sa se siano stati erogati o meno, in che forme, per farci che cosa. Nonostante la normativa relativa alla trasparenza amministrativa non si ha traccia di questi soldi. Nel primo semestre del 2020 l’Unità di informazione finanziaria per l’Italia della Banca d’Italia ha ricevuto 4.275 segnalazioni di operazioni sospette che sono spesso l’anticamera a contestazioni più gravi in sede penale.
Beni confiscati: 25 anni dalla legge, la metà non è assegnata
Sono quasi 37 mila i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi. Il 48 per cento sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, ma oltre la metà rimane ancora da destinare. Il maggior numero di immobili confiscati si trova in Sicilia (6.906), seguono Calabria (2.908), Campania (2.747), Puglia (1.535) e Lombardia (1.242). A rivelarlo è il dossier Fattiperbene realizzato da Libera in occasione dei 25 anni dall'approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996 per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Il dossier mappa anche le esperienze di riutilizzo dei beni per finalità sociali per raccontare una nuova Italia che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose immaginando e realizzando un nuovo modello di sviluppo territoriale.