Corte e Sant'Anna con il vescovo. Il Natale ci scuote dal torpore
Il giorno della gioia è arrivato. Oggi è Natale, facciamo memoria di quel Bimbo che è nato duemila e più anni fa. Che nasce dentro di noi ogni giorno. E che verrà nella gloria, alla fine dei tempi, «per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine», come recitiamo nel Credo.
Sono le tre nascite di Cristo evocate da Enzo Bianchi, il fondatore della comunità di Bose, in questi giorni su Avvenire. Le comunità cristiane, della Diocesi di Padova e non solo, si riuniscono al termine di un Avvento che appare sempre più allungato e stressato dalle ragioni del commercio, e celebrano la Parola che si è fatta carne. Ma l’attesa non finisce qui: è la venuta finale di Gesù, vincitore di ogni male, per instaurare il suo Regno di pace a dare senso alla nostra fede. Da qui l’invito a vigilare, con le lampade e vestiti a festa, ma soprattutto con il cuore aperto e la mente accesa.
Il giorno della gioia è arrivato. Oggi è Natale, facciamo memoria di quel Bimbo che è nato duemila e più anni fa. Che nasce dentro di noi ogni giorno. E che verrà nella gloria, alla fine dei tempi, «per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine», come recitiamo nel Credo. Sono le tre nascite di Cristo evocate da Enzo Bianchi, il fondatore della comunità di Bose. Le comunità cristiane, della Diocesi di Padova e non solo, si riuniscono al termine di una vigilia che appare sempre più allungata e stressata dalle ragioni del commercio, e celebrano la Parola che si è fatta carne. Ma l’attesa non finisce qui: è la venuta finale di Gesù, a dare senso alla nostra fede. Da qui l’invito a vigilare, con le lampade e i vestiti a festa, ma soprattutto con il cuore aperto e la mente accesa.
In due delle 459 parrocchie della nostra Chiesa, è un Natale dal sapore particolare. Corte e Sant’Anna di Piove di Sacco vivono il giorno dell’Incarnazione accanto al vescovo Claudio, che fa tappa in città nella visita pastorale iniziata ormai due mesi fa da Valdobbiadene. “Scherzi” di un calendario fitto di appuntamenti, una festa da assaporare nello spirito dell’ordinarietà che investe tutto il lungo viaggio di mons. Cipolla. Ma il vescovo è pur sempre un successore degli apostoli, i primi a seguire quel bambino fatto uomo: Corte e Sant’Anna sono pronte ad accogliere il pastore.
«L’arrivo del vescovo a Natale per noi è una benedizione – assicura Cristiano Longhin, vicepresidente del consiglio pastorale di Corte – La preparazione a questo momento ha dato la scossa alla nostra comunità. Quel “come state?” che ci rivolge don Claudio, e la possibilità di soffermarci sulle tracce preparate dalla diocesi, hanno dato vita a un confronto serrato tra di noi e a uno scambio bello, sincero, reale, a tratti anche duro, tra laici e con il nostro parroco».
Corte insomma sembra essersi risvegliata dal torpore della routine che avvolge molte comunità e molti gruppi e che rende la vita della chiesa un avanzare per inerzia. «Dagli incontri che abbiamo avuto col vescovo subito prima di Natale, siamo usciti con un modo nuovo di interpretare il nostro essere laici nella Chiesa: è finito il tempo del fare per necessità. La nostra è la risposta a una chiamata: si tratta di dire il nostro “sì”, come Maria, a una vocazione vera e propria».
Le parole di Cristiano si innestano nella riflessione ampia sull’identità della parrocchia partita due anni fa in diocesi e sul conseguente ruolo dei laici: i ministeri laicali, come prospettiva, sono tra i temi caratterizzanti per tutte le comunità prossime alla visita.
Corte guarda avanti e si chiede come sarà il suo futuro di parrocchia con una specifica identità, ma sempre più in collaborazione con le altre sei della città di Piove. Don Antonio Brugnolo, parroco dal 2004, non si nasconde le fatiche: «Il vescovo incontra una comunità in cammino, che affronta le sfide lanciate da famiglie lontane dalla pratica della fede, dalla scarsità di matrimoni e nuove nascite e dalla complessa gestione della scuola dell’infanzia che ne deriva. Si tratta di un tesoro per la comunità cristiana, ma anche per le scuole elementari e le medie che si trovano qui da noi». Ma don Antonio registra anche il rinnovato entusiasmo che si respira all’interno degli organismi di comunione: «In fase di preparazione tutti i gruppi si sono dati da fare per il meglio. Ma è bella anche l’attività dei genitori dell’iniziazione cristiana, come tutto l’impegno profuso in occasione della sagra della Pentecoste, che abbiamo organizzato quest’anno per la prima volta».
A Sant’Anna è Gianni Pizzi, anche lui vicepresidente del coordinamento parrocchiale, a condividere le sensazioni della comunità: «Ci sentiamo destinatari di un regalo da parte del vescovo», riflette. Ma poi emerge tutto il vissuto di una parrocchia in cui l’apertura, al Bambino di Betlemme come al vicino di oggi, da qualsiasi parte del mondo provenga, è scritto nel dna. «Siamo una comunità naturalmente aperta alla mondialità – prosegue – Le caso popolari che hanno dato vita al quartiere tra gli anni Settanta e Ottanta hanno fatto convergere qui tutte le fragilità del territorio e più avanti sono diventate residenza dei primi migranti. Oggi gli amici musulmani passano a salutarci nelle nostre feste, la comunità nigeriana celebra nei nostri spazi, “Aggiungi un posto in tavola” che ha portato i migranti delle basi di Cona e Bagnoli in famiglia è nata qui, anni dopo la Festa dei popoli».
Alla base di tutto – lo diceva la scorsa settimana alla Difesa il parroco don Giorgio de Checchi – ci sono le relazioni. Quelle che hanno permesso anzitutto al presbitero e ai laici di riconoscersi nella stima reciproca e di andare avanti.
«Il rischio è quello di sentirsi come biglie da biliardo – conclude Pizzi – ognuno con la sua traiettoria, ogni tanto incocciamo contro qualcun altro e poi ricominciamo a rotolare. Non è così: del biliardo noi stessi siamo il tavolo. Non mancano graffi e colpi, ma riusciamo a stare tutti insieme, condividendo la vita e anche la morte, sapendo che grazie a Gesù non finisce tutto lì».