Cella Mocellin. Mons. Brazzale: "Maria Cristina maturò la sua vocazione davanti al tabernacolo"
L’adorazione modellò la vita della serva di Dio
Si spera che arrivi presto il decreto con il riconoscimento dell’eroicità delle virtù della Serva di Dio, Maria Cristina Cella Mocellin. Sono molti gli insegnamenti di questa mamma, che si è sacrificata per la vita del suo terzogenito, modello di coraggio per le famiglie cristiane. Ma c’è un altro aspetto della sua vita spirituale che merita di essere conosciuto: il suo amore all’Eucaristia. Studentessa alle superiori e all’università, trovava il tempo per partecipare ogni giorno alla messa. Una partecipazione preparata, gustata e vissuta.
Quello che non sfuggiva alle suore dell’oratorio della parrocchia della Sacra Famiglia di Cinisello Balsamo (Milano), dove Maria Cristina abitava, era l’assiduità con cui la ragazza sostava in adorazione in cappella. Questa singolarità non sfuggiva nemmeno alle amiche che frequentavano l’oratorio, tanto che Maria Cristina era chiamata “la ragazza della cappella”. Ai piedi del tabernacolo, maturava la sua fede, cresceva il desiderio di amare sempre di più il Signore, cercava di scoprire come impostare la sua via. Quando, ancora giovanissima, incontrò Carlo Mocellin, che poi diverrà suo sposo, Maria Cristina era orientata verso una vita di consacrazione religiosa.
Quell’ideale del “Dio solo”, che l’affascinava, venne messo in discussione. Entrò in crisi; si confidò con qualche suora, che la invitò a intensificare la preghiera e consultarsi con il Signore, durante l’adorazione eucaristica. Dal suo diario, scopriamo come recuperò serenità e comprese che quel grande amore per Cristo, poteva pienamente coinvolgere anche Carlo. Quel “Dio solo” che è tutto amore, poteva essere raggiunto e custodito assieme. Il loro ideale di famiglia cristiana è stato scoperto e maturato ai piedi del tabernacolo.