Beni confiscati e cooperative sociali: crescono produzione e occupati
È quanto emerge dalla rilevazione “Survey sulle cooperative che gestiscono beni sequestrati e confiscati” curata da Scs consulting per Legacoopsociali e Cooperare con Libera Terra
Aumento del 10 per cento del valore di produzione e del 21 per cento (1287 totali) degli occupati per i beni confiscati e le cooperative sociali. Sono questi i principali dati della rilevazione “Survey sulle cooperative che gestiscono beni sequestrati e confiscati” curata da Scs consulting per Legacoopsociali e Cooperare con Libera Terra e presentata il 22 maggio a Roma.
«I beni confiscati – ricordato Eleonora Vanni, presidente di Legacoopsociali – non sono una questione di attività settoriale ma riguardano la legalità: con questa iniziativa vogliamo mettere a sistema le competenze disponibili per lo sviluppo della presenza attiva della cooperazione sociale nel recupero e restituzione alla comunità dei beni confiscati».
Al questionario di rilevazione hanno risposto 29 organizzazioni aderenti a Legacoop tra coop sociali (27), consorzi (2) e coop di produzione lavoro (1) distribuite in sei regioni: Campania, Calabria, Sicilia, Puglia, Lazio e Lombardia. Delle 83 assegnazioni dichiarate dalle cooperative intervistate, 81 sono beni immobili confiscati (di cui 35 terreni, 16 fabbricati/capannoni, 13 ville e 7 appartamenti).
Il 45 per cento dei contratti sottoscritti per l'assegnazione dei beni immobili confiscati sono di durata compresa tra 20 e 30 anni, il 23 per cento da 10 a 20 anni. Oltre all'inserimento lavorativo (24 per cento) le attività maggiormente svolte sono la “produzione e lo sviluppo del territorio” (23 per cento) e la “promozione e aggregazione culturale” (19 per cento). Nel 56 per cento dei casi i beni assegnati sono stati trovati in cattive condizioni (33% per cento condizioni pessime e 23 per cento condizioni mediocri). Infine le criticità rilevate più frequentemente sui beni immobili in gestione sono “furti ed espoliazioni” (25 per cento) e “difficoltà burocratiche” (20 per cento) ed “economiche” (19 per cento).
«Dopo un anno dal mio incarico – spiega Enni Mario Sodano, direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità – faccio ancora i conti con una serie di luoghi comuni: assenza di trasparenza e i beni confiscati non vengono assegnati quando potrebbero rendere. Invece la verità è un'altra, il problema serio è che non sappiamo a chi darli. In una recente Conferenza dei servizi a Palermo su 400 beni ho ottenuto manifestazioni di interesse solo per il 40 per cento. C’è anche il capitolo dei beni poco appetibili o poco sostenibili che sul dato dei 20 mila beni immobili va chiarito: sono unità catastali perchè una villa e un pollaio sono due beni immobili ma non sono la stessa cosa. A questo si aggiungono migliaia di appezzamenti di terreno inutili perchè i mafiosi con questi ettari, spesso irraggiungibili, chiedono i fondi comunitari. Infine è necessario che i comuni si assumano le responsabilità e il ruolo previsti dalla normativa».
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