Anziani, cinque passi per ripensare i servizi residenziali

Legacoopsociali presenta alla Biennale della Prossimità il Manifesto cooperativo per ripensare i servizi residenziali per le persone anziane: disegnato un sistema vicino al cittadino, flessibile e personalizzato, che riconosce le persone anziane come patrimonio e risorsa per sé stessi e per la collettività

Anziani, cinque passi per ripensare i servizi residenziali

Una cultura della residenzialità che si basi sulla promozione umana, un sistema di servizi di prossimità, l’autodeterminazione, modelli organizzativi residenziali e un nuovo investimento nella comunità di cura e nella valorizzazione dello sviluppo professionale. Sono i punti del Manifesto di Legacoopsociali per ripensare i servizi residenziali per le persone anziane che viene presentato oggi a Brescia, all’interno della Biennale della Prossimità.

Il Manifesto raccoglie – afferma Legacoopsociali - la sfida lanciata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che prevede una Riforma che introduca “un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti” e una revisione del sistema di assistenza territoriale nell’ambito più ampio della Missione Salute. Per l’organizzazione occorre ricostruire fiducia con un ascolto delle prospettive delle persone anziane e delle loro famiglie, dei lavoratori e professionisti, dei soggetti gestori dei servizi e della cura informale, delle associazioni di rappresentanza, delle Istituzioni. L’accento del Manifesto, frutto del lavoro del gruppo nazionale Legacoopsociali “Salute e Sanità”, è posto sul fatto che le priorità da cui partire sono il ripensare la residenzialità in un’ottica di prossimità, l’innovazione e la flessibilità, la interoperabilità dei diversi servizi che compongono le filiere territoriali.

Nel Manifesto Legacoopsociali mette in evidenza che la “cooperazione sociale sostiene la cultura dei servizi residenziali come spazio di vita, includendo in esso anche la fase di accompagnamento al fine vita, e riconosce il ruolo delle persone anziane come patrimonio e risorsa per sé stessi e per la collettività”. Il che significa “lavorare insieme per l’impostazione di un sistema di servizi che si adatti ai bisogni di cura e promozione della persona, e non viceversa”. Quindi serve costruire un “sistema di Long Term Care integrato, equo, articolato che comprenda servizi domiciliari, semi-residenziali e residenziali in una prospettiva di filiera e di integrazione socio-sanitaria”. Un sistema quindi vicino al cittadino, orientato da un coordinamento fra politiche nazionale, regionali e locali. Vengono invocati standard omogenei e una uniforme erogazione di Lea e Leps, mantenendo il pilastro dello strumento del “progetto personalizzato” basato sulla valutazione multidimensionale e sulla costruzione e umanizzazione dell’ambiente e del contesto sociale. In pratica, va sviluppata la capacità di “muoversi sul delicato equilibrio tra esigenze di vita ed esigenze di cura”.

Quanto ai modelli organizzativi, il Manifesto sottolinea la necessità di una attenta analisi della domanda e dei fabbisogni di ogni territorio al momento della progettazione, di modo che poi le strutture residenziali possano essere costruite per dare una risposta appropriata e flessibile. Non quindi solo “presidi ad alta sanitarizzazione, ma luoghi permeabili al territorio” che possa svolgere funzioni diversificate o multiple in relazione ai contesti e alle esigenze territoriali: centri multiservizio, hub di prossimità, luoghi di integrazione delle cure, luoghi di comunità. Per portare avanti tutto ciò viene evidenziata la necessità dell’aggiornamento dei percorsi formativi di base che nella formazione continua e di sviluppo professionale degli operatori, nella consapevolezza che “è il lavoro professionale e di relazione il vero motore delle strutture che garantisce buona parte della qualità delle prestazioni e della stabilità dei servizi”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)