Al cinema a guardare “Esterno notte” e, nella poltrona affianco, Bellocchio e Gifuni ti raccontano il caso Moro
A Roma di cose ne possono capitare moltissime, dal restare ore bloccato con la macchina nel traffico, fino a trovarsi chiuso in una stazione della metropolitana, ma può anche capitare che decidi di andare a guardare tutti i 330 minuti di “Esterno notte” in una domenica di settembre e, tra la prima e la seconda parte, ti capita di farti una chiacchierata con il regista Marco Bellocchio, l’attore Fabrizio Gifuni, lo sceneggiatore Davide Serino ed il produttore Simone Gattoni
A Roma di cose ne possono capitare moltissime, dal restare ore bloccato con la macchina nel traffico, fino a trovarsi chiuso in una stazione della metropolitana, ma può anche capitare che decidi di andare a guardare tutti i 330 minuti di “Esterno notte” in una domenica di settembre e, tra la prima e la seconda parte, ti capita di farti una chiacchierata con il regista Marco Bellocchio, l’attore Fabrizio Gifuni, lo sceneggiatore Davide Serino ed il produttore Simone Gattoni. È quanto capitato a chi domenica 18 settembre, ha scelto di andare a vedere il film nel Cinema delle Provincie, la “Sala della Comunità” della parrocchia di Sant’Ippolito che rientra nel circuito Acec, riconosciuto anche come Sala d’essai.
“Una iniziativa nata un po’ per caso, visto che il produttore e lo scenografo sono miei amici e, mentre giravano il film, cercavano una sala con poltrone in legno, proprio come quelle che avevamo qui in questa sala”,
racconta don Davide Maria Tisato, vicario della parrocchia retta da mons. Manlio Asta, che ha presentato gli ospiti e raccolto le numerose domande dei presenti, “siamo stati molto contenti nel rivedere la sala piena e felici di aver offerto l’occasione di poter parlare del film, vivendo in modo attivo il cinema e non passivo, fornendo una chiave di lettura ulteriore”.
“Era la prima volta che facevo una serie”,ha dichiarato Marco Bellocchio parlando di “Esterno notte” e spiegando i motivi della scelta di approfondire, 40 anni dopo il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro operato dalle Brigate Rosse, un argomento già affrontato nel film “Buongiorno notte”, ma ribaltando il campo e guardando all’esterno, concentrando il fuoco su una serie di personaggi assenti nella precedente pellicola. “Avevo visto lo spettacolo bellissimo di Fabrizio (Gifuni ndr) su Moro e nonostante le mie prime incertezze, perchè c’è sempre nel regista una diffidenza verso gli attori, è stata veramente una grande ricchezza. Lui non è solo un interprete ma ha dato tanto alla serie”. Una serie come un lunghissimo film, questo quanto dichiarato da Bellocchio che confessa la sua grande libertà, perchè in contrapposizione alla risposta emotiva molto forte registrata, ha dovuto comunque fare i conti con gli storici che hanno avuto da obiettare. Una norma ormai per il regista, che porta ad esempio anche quanto sta capitandonell’ultimo film in produzione che tratterà il caso del rapimento di Edgardo Mortara dal titolo provvisorio “La conversione”,
che ha già incontrato i pareri discordanti della comunità ebraica.
“È un personaggio che ho inseguito per una mia passione da una decina di anni, ma anche un fantasma che mi ha inseguito, prima al cinema con Marco Tullio Giordana, poi lo spettacolo che continuo a portare in giro (Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro ndr), Marco è stato il compimento più bello di un percorso”, ha raccontato Fabrizio Gifuni, che nel film interpreta Moro, facendo trasparire una passione che supera la recitazione, sofferente per una condanna vissuta attraverso lo studio e l’immedesimazione in quelle tante carte rese pubbliche solo dal 1990,
“Mentre questa storia ce l’abbiamo tutti nelle orecchie e negli occhi, una storia che ha cambiato il corso della politica italiana, paradossalmente le carte di Moro sono state completamente rimosse, come se la comunità avesse voluto dimenticarle. Quel centinaio di lettere che Moro scrisse ed il memoriale, cioè il resoconto degli interrogatori, queste carte su cui probabilmente si giocò una partita importantissima, perché Moro in qui 55 giorni ha raccontato cose che, rese pubbliche in quel momento, avrebbero fatto crollare un intero Paese, avrebbero distrutto carriere politiche, avrebbero messo in serio imbarazzo molti Paesi europei”.
Una pagina di storia che forse ancora chiede giustizia, come traspare dal film ma anche dagli interventi delle persone che hanno testimoniato la loro passione, anziani che ricordavano quel momento ma anche molto giovani che, nei dettagli della pellicola, hanno colto gli stati d’animo contrastanti, esaltati dalla sceneggiatura che, per bocca di Davide Serino, ha dovuto superare il limite del non aver vissuto quel periodo, costruendo i personaggi come quando si lavora sui miti. Anche l’intervento del produttore Simone Gattoni, è servito per costruire un dialogo completo e rendere l’idea di quanto sia rischioso scommettere su di un film, vista la difficoltà nel far andare la gente al cinema, forse anche per questo la doppia chiave film e serie in 6 episodi potrebbe rappresentare un paracadute.“Siamo stati contenti e non abbiamo avuto paura di affrontare un argomento come quello del sequestro ed omicidio di Aldo Moro. Quando si va in profondità si può arrivare ad una verità che può essere scomoda, ma ce lo dice Gesù Cristo: ‘Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi’”,
dichiara don don Davide Maria Tisato che guarda al futuro, “vediamo cosa ci riservano le vie della provvidenza. La nostra idea ed il nostro desiderio è quello di far divenire sempre di più il Cinema della Province un luogo di cultura più ampio”.