A servizio di un Dio servo dell’umanità. Domenica 10 gennaio il seminarista Marco Bertin viene ordinato diacono dal vescovo Claudio
Questa domenica il vescovo Claudio ordina diacono Marco Bertin, seminarista del Maggiore. «È un segno primaverile – sottolinea don Giampaolo Dianin – Rafforza la speranza e nutre la fiducia nel tempo che verrà»
Nonostante il periodo che stiamo attraversando, domenica 10 gennaio alle 16 nella Cattedrale di Padova il seminarista Marco Bertin viene ordinato diacono per mano del vescovo Claudio. «L’ordinazione di Marco è un segno primaverile – commenta don Giampaolo Dianin, rettore del seminario diocesano – rafforza la speranza e nutre la fiducia nel tempo che verrà».
La storia di Marco – che viene ordinato insieme a Giorgio Berton e Pietro Ventura, candidati al diaconato permanente – inizia da lontano: è nato a Padova il 28 settembre 1986 ed è originario della parrocchia di Perarolo di Vigonza. Verso la sua famiglia e la sua comunità di origine Marco ha parole piene di riconoscenza: «La mia famiglia è un grande dono per me, c’è un bel rapporto con i miei fratelli e le mie sorelle. Penso che la mia vocazione sia nata in famiglia e in parrocchia: sono stato introdotto alla fede dai miei genitori, dai miei fratelli e dalle mie sorelle che sono inseriti nella vita della mia comunità di Perarolo».
Ed ecco la seconda tessera che va a comporre la storia di fede di Marco: l’essere parte attiva della vita della propria parrocchia. Importante è stata l’esperienza come educatore: «In quarta superiore ho iniziato a fare l’animatore e ho cominciato a interrogarmi davvero sulla mia fede. Cercando di trasmetterla ai più piccoli sono nate in me delle domande, che sono cresciute man mano che maturavo la mia formazione a livello educativo». La sua comunità parrocchiale in questi anni ha continuato a essere un punto di riferimento: «Mi sono sentito accompagnato con la preghiera di intercessione di tante persone che in modo silenzioso mi sono state vicine».
Marco, che ha studiato in un istituto tecnico di Padova e poi si è laureato in ingegneria dell’informazione e in ingegneria elettronica, per due anni è stato ricercatore all’Università di Padova.
Un terzo importante tassello che compone il cammino di fede e di vocazione di Marco è stato il weekend di formazione “Un giovane diventa cristiano”: «Ho conosciuto la figura di Teresa di Lisieux, una grande santa che mi ha stupito per la sua semplicità, ma anche per il suo amore folle per il Signore. Questo mi ha aperto uno squarcio nel cuore, uno squarcio di fede».
A questi passaggi fondamentali vanno aggiunti anche gli anni di seminario: «Sono stati un’esperienza che ha contato tantissimo. Stare a contatto con giovani che si interrogano sulla tua stessa scelta aiuta a ridimensionare alcune paure o sogni che rischiano di essere utopici. È un’esperienza che ti aiuta a conoscere te stesso e a porti nella giusta posizione con il Signore».
Durante il cammino di seminario, Marco si è inoltre affiancato ad alcune comunità cristiane per servirle e per testimoniare il Signore: Fratte di Santa Giustina in Colle, l’unità pastorale di Piovene Rocchette, e infine Villatora dove vivrà il tempo del diaconato.
Un cammino lungo, il suo, a volte lineare e altre volte impervio, ma con il diaconato come punto di arrivo. Per ora... Marco sintetizza il diaconato con due parole essenziali ma ricche di significato. La prima è “dono”: «Il diaconato è come un ago della bilancia... sbilanciato verso la grazia del Signore. È un dono del Signore, un dono immeritato». La seconda è “impegno” a due facce: «La prima riguarda il mio cammino continuo di conversione alla paradossalità di un Dio che si fa servo dell’umanità. L’ordinazione mi ricorda che è lui per primo a farsi servo e quindi che se voglio rivelare il vero volto del Signore agli altri, prima di tutto devo convertirmi io, guardando come Dio è all’opera nelle tante persone che si mettono a servizio degli altri. La seconda faccia è quella di un impegno che mi chiama a portare alle persone in difficoltà un Dio che è vicino, un Dio amico della vita».
Denis Tamiazzo