Vincenzo Buonomo: “L’Europa deve ripartire dal basso e dalle sue radici”
Per ricomporre l’Europa occorre “partire da una coesione sociale intorno ai valori sui quali costruire l’economia, la politica estera comune, la difesa, l’idea stessa di governo europeo”. Non si deve “ridurre il tema della pace esclusivamente ad una questione di armamenti e di strategie militari”. E contro il rischio multipolarizzazione occorre “rilanciare il multilateralismo”. Vincenzo Buonomo, professore ordinario di diritto dell’Unione europea presso la Pontificia Università Lateranense, commenta l’invito del card. Zuppi ad “investire nel cantiere Europa”

“Dobbiamo investire nel cantiere dell’Europa, che non sia un insieme di istituzioni lontane, ma sia figlia di una lunga storia comune, sia madre della speranza di un futuro umano, non rinunci mai ad investire nel dialogo come metodo per risolvere i conflitti, per non lasciare che prevalga la logica delle armi, per non consentire che prenda piede la narrazione dell’inevitabilità della guerra…”. Questo il monito del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella parte conclusiva della sua introduzione, ieri pomeriggio, al Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 13 marzo. Sulla stessa linea Vincenzo Buonomo, professore ordinario di diritto dell’Unione europea presso la Pontificia Università Lateranense.
Professore, da dove partire?
Dalla radice, ossia dall’idea che qualsiasi forma di integrazione europea debba procedere dal basso, non possa essere imposta da criteri “superiori” ma debba essere legata all’idea di sussidiarietà. Oggi, più che mai, ci siamo resi conto che un’Europa intesa come burocrazia e strutture al di sopra dei popoli, se in passato può avere avuto una sua ragione, negli attuali scenari non riesce più a svolgere la sua funzione. Il riferimento che fa il cardinale all’impegno dei singoli, delle associazioni, di una comunità cristiana che vive la propria dimensione di fede in dialogo con il mondo, è importantissimo.
Fede e radici cristiane che negli ultimi anni sono però state “rimosse” dall’orizzonte pubblico…
Nell’ultimo periodo l’Unione europea ha spesso tentato di escludere dal dibattito la dimensione religiosa, e quindi dei valori, relegandola ad una visione sempre più confessionale. Il presidente della Cei, invece, ripropone l’aspetto religioso come elemento essenziale, e non perché portatore di una visione religiosa, ma perché l’Europa è la culla di diverse espressioni religiose; alcune nate o radicate nel Vecchio Continente; altre in via di affermazione grazie al fenomeno della mobilità umana. La costruzione del futuro dell’Europa richiede un dialogo strutturato, non si può racchiudere nello slogan “riarmare l’Europa”.
Il Continente deve ripartire dalle sue radici. Dobbiamo soprattutto coltivare “un sogno” dell’Europa.
Non a caso il card. Zuppi ha rilanciato un ampio stralcio del discorso di Papa Francesco del 6 maggio 2016 sul futuro del Continente. C’è sicuramente bisogno di una difesa comune europea, ma questo era anche nel progetto dei padri fondatori che nel 1954 avevano già pensato ad una comunità europea di difesa da affiancare a quello che era allora la Comunità economica del carbone e dell’acciaio. Naturalmente oggi questo va letto in una dimensione non soltanto europea, ma di carattere mondiale.
Il card. Zuppi sottolinea l’importanza del multilateralismo per la soluzione dei conflitti…
E’ urgente una sua ripresa.
oggi viviamo in un’epoca in cui abbiamo sostituito il multilateralismo con il multipolarismo,
e non è una questione di termini ma un tema concettuale perché l’Europa rischia di chiudersi anch’essa in una duplice polarizzazione portata all’estremo: quella dell’Europa rispetto agli altri poli come Stati uniti, Russia, Cina, e quella di una polarizzazione al proprio interno tra i suoi diversi paesi, come stiamo vedendo in questi giorni. L’elemento decisivo è quello di un passaggio che parta dal basso, non per elaborare regolamenti o direttive, ma per ribadire la necessità di una coesione sociale intorno ai valori sui quali costruire l’economia, la politica estera comune, la difesa, l’idea stessa di governo europeo. Se non partiamo da questi valori condivisi, continueremo a pensare ad un’Europa calata dall’alto. E non possiamo sentirci a posto con la nostra coscienza di cittadini e di credenti pensando che sarà qualcun altro a muoversi. Di fronte ai drammatici scenari che si stanno delineando siamo tutti chiamati all’azione. Dietro una guerra, sia essa combattuta con le armi o con i dazi, c’è un problema di persone che usciranno dalle dinamiche sociali, aumenteranno sempre più gli esclusi e verrà meno la vera mission dell’Europa nata non solo per “mettere insieme”, ma per includere visioni diverse che vanno necessariamente armonizzate.
Il presidente della Cei mette anche in guardia dal pericolo dei nazionalismo che “veste nuovi panni”, “detta politiche” e “indica nemici”.
Dietro i risorgenti sovranismi e nazionalismi non vi è solo la negazione dell’idea d’Europa delineata dalla Dichiarazione Schumann o il ritorno di frontiere e dazi; vi è il rifiuto di una possibilità di coesistenza e quindi di dialogo. La negazione dell’idea che io esisto perché esiste l’altro, e proprio perché esiste l’altro esisto io. Il rifiuto dell’idea che viviamo in una circolarità di rapporti in cui la dimensione comunitaria collettiva è il presupposto dell’agire individuale. Il card. Zuppi richiama la Populorum progressio secondo la quale
il bene individuale ha come presupposto il bene collettivo: solo partendo da qui si può creare un’autentica coesione.
Aldilà delle visioni politiche o ideologiche, occorre rigettare ogni forma di contrapposizione che porti a ulteriori fratture. Ribadisco che oggi, più che mai, occorre coesione, ma questo presuppone anche uno slancio. E qui ritorna il “sogno un’Europa…” di Papa Francesco, dietro il quale c’è l’idea non di un continente unito dalle istituzioni, ma di popoli coesi intorno a valori comuni all’interno dei quali rientra anche l’elemento religioso, il cristianesimo come valore essenziale e come capacità di unire distinguendo, anche in rapporto con chi ha altre visioni religiose o non ne ha affatto. Al di là di quella che può essere la sua forza militare, la disponibilità di dieci, venti o trenta testate nucleari, di fronte al mondo
l’Europa è portatrice di una visione legata al suo patrimonio di civiltà, arte, scienza, spiritualità, cultura che nessuno può disconoscere.
Il pericolo è che i suoi cittadini non facciano più riferimento a questo sapere, ma ad una contingenza che se fino a ieri si riduceva a questioni strettamente economiche, oggi rischia di ridurre il tema della pace esclusivamente ad una questione di armamenti e di strategie militari.