Rosanna Virgili verso il convegno diocesano. Un territorio per la famiglia
Verso il convegno diocesano. Dalla condizione dei bambini e dei giovani alla capacità di inclusione, dagli spazi pubblici al lavoro. Sono tanti gli sforzi necessari per aiutare le famiglie a "radicarsi" e crescere
Le famiglie abitano il territorio e, prima ancora, concorrono a dargli forma. Quando si parla, infatti, di territorio, non si intende soltanto il luogo naturale – marittimo o collinare, dal clima freddo o dal clima temperato – ma anche il tessuto umano, storico, sociale, culturale, economico, politico di una città, di un’area residenziale, di un comune o una regione. Tutte determinazioni in cui le famiglie sono protagoniste, oltre alle autorità politiche e civili, alle scuole e le università, alle aziende, alle fabbriche, ai negozi, alle strutture sportive e ricreative, alle agenzie di servizi e di informazione, alle presenze di vita religiosa, eccetera. Volendo definire con delle immagini tutto ciò, paragonerei il territorio a una culla e a una grande casa, dove le persone nascono e crescono insieme, pur essendo vòlte, ciascuna, a incarnare un valore unico e originale e a seguire una strada diversa e particolare, talvolta di successo, tal altra di fallimento; talvolta di benessere e soddisfazione, tal altra di delusione e conseguente volontà di fuga. In ambedue questi casi – tra loro opposti – indiscutibile è il ruolo del territorio.
Per cogliere meglio, per “fotografare” le condizioni del nostro territorio, scelgo una cartina al tornasole: la condizione dei bambini e dei giovani. Da questa prima “estremità” dell’esistenza umana, si può, infatti, risalire con lucidità alla condizione degli adulti e delle famiglie. Quanto ai bambini si osservano due fenomeni: sono sempre di meno e, in giro, se ne vedono pochissimi. Provate a contare quanti bambini incontriate in via Nazionale a Roma facendola tutta a piedi, da piazza Esedra a piazza Venezia; o anche nelle piazze delle nostre buone provincie italiane: se nel primo caso rischiate di non trovarne neppure uno, nel secondo vi potrebbe capitare di incontrarne una percentuale comunque bassissima, rispetto alla totalità della gente che si muove.
Nelle nostre città non c’è posto per i bambini e i giovani non trovano spazi pubblici, ma sono costretti dentro strutture chiuse, adibite per loro. Un altro fenomeno relativo ai giovani, esponenziale nelle città e paesi del Sud, è la “transumanza” dopo le scuole medie superiori. Una dolorosa emorragia di cui non si parla più, ma che non ha mai smesso di versare energie vitali dai territori meridionali, facendoli davvero dissanguare. Recentemente la fuga dei giovani si è diffusa anche nel Centro e Nord Italia e non accenna a fermarsi. Questa situazione denuncia una prima grande debolezza del nostro territorio: la mancanza di strutture di impiego, di fermento produttivo, di coesione e di solidarietà sociale; l’incapacità e le omissioni dei politici, e la mancanza di promesse per il futuro.
Ma i bambini e i ragazzi del Centro-Sud italiano sono toccati anche da un altro grande male: la defezione scolastica. In alcuni territori essa è in costante e allarmante risalita, e, nelle fasce più povere della popolazione, raggiunge quasi la metà degli studenti della scuola dell’obbligo. Una popolazione destinata a cadere nelle grinfie della criminalità organizzata, pericolosa per tutto il nostro Paese. Questa è un’amara deriva delle “suburre”: che siano soltanto le mafie a investire sui giovani!
Ma anche in casi più sereni e sicuri, di cui gode maggiormente il Nord Italia, la debolezza del territorio si rivela, tuttavia, lo stesso e a esserne colpita è proprio la famiglia. La solitudine della famiglia porta i suoi componenti, dal primo all’ultimo, ad avere paura. La precarietà del lavoro dissuade le giovani coppie a intrecciare rapporti stabili; le mille difficoltà della vita quotidiana costringono le donne a fare salti mortali per poter mettere al mondo un figlio e, dopo averlo fatto, per farlo crescere. Sulla fragilità delle relazioni familiari si radicano la paura e il rifiuto dello straniero, dell’immigrato, di cui si teme la concorrenza nella ricerca di una stabilità economica e la minaccia alla stabilità sociale.
Per questo il territorio deve adoperarsi con attività e impegni materiali, ma anche e soprattutto culturali, per far sì che, insieme alle famiglie, cresca anche quella coscienza di “famiglia” che è la casa comune, dove ci dev’essere posto per tutti e ognuno sia membro di un unico corpo. Senza le giunture, nessun corpo può vivere, crescere e rigenerarsi. E queste giunture vengono proprio dal territorio in cui tutti noi, giovani e vecchi, adulti e bambini, famiglie di ogni genere e di ogni colore, dobbiamo trovare vigore e ossigeno.
Rosanna Virgili
biblista e docente di esegesi