Per un’economia a misura d’uomo. Un libro ci aiuta a capire come potrebbe essere il mondo del dopo Covid
I suggerimenti dell’economista Pierangelo Dacrema nel suo recente volume: “L’economia del malessere” (All Around, 2020).
Non lo sappiamo ancora come sarà l’economia del dopo-Covid, anche perché sono troppe le incertezze e le variabili che si prospettano, anche se il passato potrebbe essere un buon maestro. Soprattutto se faremo tesoro di una lezione: l’economia non può essere separata dalle altre componenti umane: gli affetti, l’arte, la cultura. L’uomo è una creatura complessa fatta non solo di materia e questo dovrebbe essere presente quando si affrontano situazioni in cui il denaro sembra essere l’unica realtà. Non lo diciamo solo noi: alcuni politici ed economisti avevano messo in guardia i vincitori dall’umiliare la Germania nelle trattative alla fine della grande guerra e rimasero purtroppo inascoltati, con il risultato di favorire il risentimento e l’irrazionalità della rabbia che portarono al nazismo e alle carneficine del Novecento.
Ed anche la recente crisi del 2007-8 sembra non aver insegnato molto a chi ha fatto della contabilità pura l’unico ordine del nostro mondo. C’è però chi, all’interno della cultura economica, non è d’accordo con un sistema basato unicamente sul profitto e sulla moneta come unica dea. Abbiamo assistito alla nascita di nuove concezioni, ad esempio quella della decrescita felice, che mirano a ritrovare un accordo tra economia, pianeta, natura, esseri umani e alla consapevolezza che un progresso fine a se stesso potrebbe portare paradossalmente al non godimento dei suoi profitti: la specie umana nel frattempo verrebbe decimata dai risultati nefasti dell’inquinamento e dell’aggressione all’origine stessa della vita. I rimedi? Ovviamente riportare la natura al centro del sistema-uomo, riorganizzare il sistema economico in modo che il profitto non sia l’unico punto di riferimento e ripensare alla possibilità di un’economia non monetaria, come suggerisce l’economista Pierangelo Dacrema nel suo recente “L’economia del malessere” (All Around, 2020). Il ragionamento di Dacrema, autore di un “romanzo economico” in cui si assisteva ad un impossibile (per motivi anagrafici) incontro tra Marx e Keynes (Lindau, 2014) è che “sarebbe sbagliato trascurare il fatto che la normalità precedente era apprezzabile per alcuni, solo accettabile per molti, insostenibile per tanti altri”.
Insomma basta mitizzare una “normalità” che tanto buona non era, visto che sia individui che comunità e nazioni di serie B, se non C, erano e sono completamente fuori dal giro degli interessi finanziari planetari. La tesi degli esperti come Dacrema è che si sia perso il legame tra l’economia e l’uomo, essendo la prima divenuta uno pseudo-valore a sé stante e ormai estraneo ai valori di una comunità che è fatta anche di rapporti umani, diritto alla felicità, comunione con un mondo che è, non dimentichiamocelo, natura e non solo quantizzazione monetaria. La moneta è divenuta, conclude l’esperto, un elemento staccato dal resto e si è trasformato in fine, da mezzo che era. Non veniamo da un sistema perfetto, e forse, come ha suggerito anche il pontefice, la tragedia della pandemia può trasformarsi in un’occasione per riparare ingiustizie ed egoismi e pensare ad un’economia a misura d’uomo.