Nuovi preti per una nuova Chiesa. Il dono enorme di Loris, Ivan e Francesco
Questa è la domenica di Loris, Ivan e Francesco. Chissà che effetto fa a tutti quei cittadini dei territori della Diocesi di Padova vedere la nostra copertina, sapere che questa domenica alle 16 in Cattedrale tre giovani diventano preti: alcuni saranno ammirati da una scelta che non garantisce più una posizione comoda nella società come un tempo, anzi; altri, si chiederanno chi glielo fa fare; altri ancora si lasceranno andare ai tanti pregiudizi che i media generalisti elargiscono “un tanto al chilo” in occasione di scandali che coinvolgano la Chiesa.
Mi chiedo che cosa penseranno anche i tanti che frequentano le parrocchie padovane, credenti che da sempre hanno rapporti familiari con i “don”: ci sarà chi dice “solo tre?”; chi si ricorda che l’anno scorso erano sei, ma che abbiamo anche avuto anni con uno o zero ordinati. La mente di chi frequenta la parrocchia abitualmente, forse, corre subito al pratico: come si organizzerà la Chiesa con questo calo di preti? Si è parlato molto della ricerca pubblicata recentemente dalla Diocesi di Milano: nel 2040 non avrà più nemmeno un presbitero sotto i trent’anni. Anche il vescovo di Vicenza ha comunicato dati eloquenti nelle recenti riunioni degli organismi di comunione della Chiesa nostra vicina in cui ha annunciato un’accelerazione nella creazione di nuove unità pastorali. Lo stesso vescovo Claudio, fin dal suo ingresso a Padova, monitora la situazione del nostro clero e domenica scorsa, alla seconda sessione dell’Assemblea sinodale ha dato numeri chiari: oggi i preti sono oltre 580 di cui 370 sotto i 75 anni, l’età della “pensione”. Nel 2040 i preti attivi in pastorale saranno circa 150, curia compresa. Che la Chiesa si stia trasformando non c’è dubbio, eppure la visione “anagrafica” non basta. Abbiamo anzitutto da fare i conti con un dono enorme, del quale è complesso anche solo comprendere la reale portata: tre giovani hanno risposto alla chiamata di Dio e scelgono di mettere la loro intera vita a disposizione della Chiesa per il bene, qualsiasi bene in favore di chiunque. È una scelta di fede fatta per l’uomo di oggi, ancor prima che per il culto in sé. Le loro parole – che pubblichiamo a pagina 11 oltre che in video nel nostro canale YouTube – non lasciano dubbi: al centro ci sono le relazioni, con lo sguardo sempre rivolto a Dio e il coraggio di metterci la faccia. Daniele Rocchetti, presidente delle Acli di Bergamo e fondatore della rassegna “Molte fedi sotto lo stesso cielo”, lo ha scritto otto giorni fa nel blog labarcaeilmare.it: più che una catastrofe, quello che sta prendendo forma potrebbe essere un parto. La nascita di un nuovo modo di vivere la Chiesa? Forse sì, ma anche di interpretare la figura del prete. Per Rocchetti il prete deve riservare a sé il “ministero dell’unità”, il ruolo che permette a tutti gli altri ruoli di svolgersi e compiersi. E tuttavia non è detto che il calo e il cambiamento radicale della figura del presbitero metta le comunità al riparo dal rischio più grosso, quello del clericalismo, su cui papa Francesco punta il dito così spesso nei suoi interventi. Temo infatti che anche nelle comunità senza parroco residente possa svilupparsi quell’insieme di relazioni verticistiche e di scarsa comunione tipiche delle organizzazioni piramidali e non conformi alla natura di un popolo che cammina tutto insieme, contraddistinto da diversi carismi e ministeri, verso il suo Signore. I Sinodi in atto – a livello diocesano e universale – promettono molti cambiamenti, forse anche nella formazione (di seminario e permanente) del clero. La sensazione comunque è che questi tre giovani che diventano preti siano tra i primi per consapevolezza riguardo il cambiamento che li attende. L’augurio a loro e la speranza per la Chiesa è che, dovunque saranno inviati alla fine dell’estate, trovino accoglienza e laici capaci di volergli bene e vivere con loro. Infine un pensiero a tutti i nostri preti, in questo periodo in cui ricorrono gli anniversari di ordinazione. Perché i loro giorni siano ricchi e lieti e la relazione con il Signore sia forte. Per continuare, insieme, a costruire la comunità.