Incendio a Notre Dame: Ossola (Collège de France), “sia adesso una chiesa di resti, aperta sul cielo”
“Il tempio resterà inagibile per molti anni, forse decenni; turisti (milioni ogni anno) si riverseranno altrove, magari al vicino Louvre; ma molti fedeli in preghiera al parvis antistante attendono una risposta”.
Lo scrive Carlo Ossola, filologo e critico letterario, docente al Collège de France, nell’articolo pubblicato da “Vita e pensiero”, rivista dell’Università Cattolica, dedicato all’incendio che ha distrutto, il 15 aprile scorso, il tetto, la flèche della cattedrale di Notre-Dame di Parigi e gravemente danneggiato vetrate e strutture.
“Mentre lo Stato ha speso somme ciclopiche per consolidare il Pantheon, ha lasciato briciole a Notre-Dame. Non di questo si tratta, anche se lascia molte ombre sulla equità della laicità dello Stato francese, ma della risposta che occorre dare a chi vive in Notre-Dame una parte del quotidiano di credente”, sottolinea il docente.
Presentando come “un rimedio provvisorio” quello a “confluire nella vicina chiesa di Saint-Gervais”, Ossola reputa “non sensato ricostruire per decenni la cattedrale com’era prima dell’incendio, frutto di rifacimenti e snaturamenti”. “Sarebbe un ripristinare un falso con un nuovo falso sotto il patronato di magnati (che si sono già manifestati offrendo centinaia di milioni di euro) che nulla hanno a che fare con l’annuncio evangelico”.
Nella riflessione del filologo, la proposta perché Notre Dame sia “una chiesa di resti, aperta sul cielo, come a San Galgano; una cattedrale ove si celebra nella pioggia e nel vento”. “Mentre la Sagrada Familia a Barcelona sta definitivamente, compiendosi, per chiudere il suo cielo ai passeri e alle stelle, esso si riapre a Notre-Dame, per ricordare che siamo in via soltanto pellegrini e non ‘domini’”.