Dl Migranti: individuare soluzioni condivise e rispettose dei diritti umani
Ieri si è discusso in Consiglio dei Ministri di un ennesimo provvedimento che stavolta riguarderà i sedicenni che giungono sul nostro territorio. Sono previste importanti deroghe alla normativa vigente che aprono scenari preoccupanti nella misura in cui incidono profondamente sulla condizione dei migranti. Si rischia di prendere una china molto pericolosa. Per questo ci attendiamo un confronto aperto, anche e soprattutto con la società civile per individuare soluzioni condivise e rispettose dei diritti umani
Stiamo assistendo da alcuni mesi ad una ricca produzione normativa sul tema dei migranti da parte del Governo italiano che, in occasione delle varie emergenze susseguitesi da Cutro a Lampedusa, ha ritenuto di dover intervenire su più fronti, tutti animati dalla comune volontà di contenere e scoraggiare gli arrivi, rendendo complicata ai nuovi venuti la permanenza sul territorio nazionale.
Già in occasione dell’accordo con la Tunisia, avevamo avuto modo di sottolineare che i “bilaterali” con i Paesi di transito non hanno portato tanta fortuna ai vari Governi susseguitisi in questi anni. Mai previsione è stata più azzeccata: dalla firma dell’accordo con il presidente Sayed ad oggi gli sbarchi sono aumentati vertiginosamente.
Un errore tattico che rischia di mettere in discussione la strategia complessiva del Governo che per questo è stato costretto a rispolverare negli ultimi giorni la formula del blocco navale. È evidente la difficoltà nella gestione degli arrivi che devono fare i conti con un sistema cronicamente sottodimensionato, sul quale non si intende investire. E allora si cercano strade alternative, più convincenti sul piano comunicativo, a partire dal noto richiamo alla responsabilità dell’Europa affinché si implementi una redistribuzione dei migranti. Anche questa è una vecchia formula che si scontra ogni volta con i soliti paesi riluttanti, a partire dall’Ungheria. Stessa cosa dicasi per il regolamento di Dublino che oggi nessuno degli altri paesi vuole ridiscutere.
Di fronte ad un quadro così scoraggiante, non rimane che intervenire a livello nazionale con una batteria di provvedimenti, alcuni dei quali già adottati nel passato, sostanzialmente inefficaci oltre che lesivi dei diritti dei migranti.
Innanzitutto la previsione circa l’allungamento dei tempi di trattenimento nei Cpr dei cittadini stranieri destinatari di un decreto di espulsione. Nei fatti si tratta di un provvedimento che riguarderà un numero residuale di coloro che giungono sulle nostre coste. Anche il decreto del ministro Piantedosi circa la garanzia di 5.000 euro da parte del migrante irregolare che proviene da Paesi sicuri per evitare il trattenimento, sa un po’ di beffa. Quanti potranno permetterselo e soprattutto in che misura un provvedimento di questo tipo può contribuire efficacemente alla politica migratoria di un Paese? Ieri si è discusso in Consiglio dei Ministri di un ennesimo provvedimento che stavolta riguarderà i sedicenni che giungono sul nostro territorio. Il Governo ha proposto una norma per cui in caso di momentanea indisponibilità di strutture ricettive temporanee dedicate, il prefetto possa disporre il provvisorio inserimento del minore – che ad una prima analisi appare di età superiore ai sedici anni – in una specifica “sezione dedicata” dei centri per adulti. Inoltre si prevede che in taluni casi l’autorità di pubblica sicurezza possa disporre immediatamente lo svolgimento di rilievi a volti all’individuazione dell’età. Si tratta di importanti deroghe alla normativa vigente che aprono scenari preoccupanti nella misura in cui incidono profondamente sulla condizione dei migranti. Si rischia di prendere una china molto pericolosa. Per questo ci attendiamo un confronto aperto, anche e soprattutto con la società civile per individuare soluzioni condivise e rispettose dei diritti umani. Diversamente, come ha ricordato il presidente della Cei, cardinale Zuppi, si rischia di “politicizzare il fenomeno migratorio, anche condizionati dal consenso e dalle paure”.
Oliviero Forti (*)
(*) responsabile dell’Ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas Italiana