Di chi è il futuro? Generazioni in dialogo nel tempo della malattia pandemica
E’ stimolante che siano i giovani per primi a porre interrogativi ed è altrettanto importante che non siano soli o siano lasciati soli nella ricerca.
“Ci rubate il futuro”: Anita di Torino prende la parola in Parlamento sulla didattica a distanza. Non vuole essere definita “la nuova Greta” anche se la sua denuncia è pari a quella della coetanea svedese. Anita esprime una preoccupazione sia per il dissolversi di relazioni educative sia per le ripercussioni che l’isolamento sta provocando sulla salute mentale dei giovani. Ci sono dati allarmanti sulla depressione nei giovani provocata dal distanziamento.
Quel “ci rubate il futuro” suona come un appello oltre che una denuncia.
Il giorno dopo la pubblicazione della notizia di Anita in Parlamento compare sullo stesso giornale una lettera al direttore: “…dico che laddove un solo scolaro si ammali di Covid e contagi magari un familiare, che poi non sopravvive, ecco quella è la vera circostanza in cui viene rubato il futuro: con la morte”.
Ancora. In un incontro on line sul dialogo tra generazioni esce l’affermazione: “Il futuro è dei giovani, noi giovani siamo il futuro”. Un adulto ascolta e domanda: “Ma allora io che ho quasi settanta anni non ho più futuro?”.
Tre quadri con domande e pensieri che invitano a un dialogo tra generazioni sul senso dell’esistenza e su quello della vita.
Non si può ridurre questioni di così grande spessore umano a una gara tra ladri di futuro.
Il futuro appartiene a tutti gli uomini e non solo ad alcuni. Il futuro individuale o del solo gruppo di appartenenza è un futuro misero, raggiunge pienezza solo con il futuro degli altri.
Le parole di Anita, la lettera al direttore, la domanda on line dell’adulto, rimandano al significato di una parola, si soffermano sulla qualità della vita, richiamano l’abitare il tempo e insieme l’andare oltre il tempo.
C’è da sempre una affascinante narrazione di credenti e non credenti attorno al futuro che coinvolge l’essere umano in ogni sua fibra spirituale, culturale, sociale.
Si tratta di una ricerca che si approfondisce e si allarga nel tempo dell’incertezza e dell’inquietudine quando le domande e le riflessioni sulle “cose ultime” proiettano il futuro verso l’infinito.
E’ stimolante che siano i giovani per primi a porre interrogativi ed è altrettanto importante che non siano soli o siano lasciati soli nella ricerca. E’ importante che abbiano luoghi e occasioni per dialogare con gli adulti sul senso del passato, del presente, del futuro e scoprire che non si tratta di frammenti ma di stagioni comunicanti. La scuola, come dicono Anita e i suoi coetanei, è uno dei campi più belli per condividere il linguaggio della vita. Soprattutto in questo luogo e in questo tempo si può invertire la tendenza di un giudizio perché, è vero, ci sono ladri di futuro ma, è altrettanto vero, ci sono donatori di futuro.