Crisi climatica. Laudate Deum: il papa chiama alla corresponsabilità
L’esortazione apostolica completa l’enciclica del 2015: non reagiamo abbastanza. Francesco critica i negazionisti: indubitabile l’origine umana del riscaldamento globale
È una chiamata alla corresponsabilità, un invito pressante a prendere sul serio l’urgenza del cambiamento climatico le cui nefaste conseguenze sono già in atto e che rischia di averne sempre di più gravi se non si inverte la rotta. A otto anni dall’enciclica sull’ecologia umana integrale e la cura del creato Laudato si’, papa Francesco specifica e completa quel documento con l’esortazione apostolica Laudate Deum, pubblicata il 4 ottobre. Un testo più breve, ma altrettanto intenso, che guarda alla prossima Cop28 di Dubai chiedendo un impegno reale per contenere le emissioni nocive evitando che le persone più vulnerabili subiscano gli effetti del cambio climatico. Il testo si snoda in sei capitoli e 73 paragrafi. Francesco ribadisce che, nonostante vi sia chi cerca di negare o ridimensionare la portata dell’emergenza, «i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti». Il papa scrive che alcuni cambiamenti climatici indotti dall’uomo «aumentano significativamente la probabilità di eventi estremi più frequenti e più intensi» e osserva come «tra pochi anni molte popolazioni dovranno spostare le loro case a causa di questi eventi». L’esortazione risponde a chi incolpa i poveri perché hanno troppi figli e ricorda che «una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50 per cento di quella più povera». Viene contestata l’affermazione di chi dice che il minor uso di combustibili fossili porterà «a una riduzione dei posti di lavoro»: in realtà «milioni di persone perdono il lavoro» a causa del cambio climatico, mentre la transizione verso le energie rinnovabili è in grado «di generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori». Il documento contiene dati e numeri, per dimostrare la «forte accelerazione» della crescita dei gas serra nell’atmosfera subita negli ultimi cinquant’anni, che non ha precedenti negli ultimi due millenni e sta portando all’acidificazione dei mari e allo scioglimento dei ghiacci. Anche se, purtroppo, rileva Francesco, questa crisi non interessa «alle grandi potenze economiche, che si preoccupano di ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibili». Il papa dice di essere costretto a fare queste precisazioni, «a causa di certe opinioni sprezzanti e irragionevoli che trovo anche all’interno della Chiesa cattolica». E afferma: «Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo». Interessanti sono poi due capitoli centrali del nuovo documento. Il primo è dedicato al paradigma tecnocratico, che «consiste nel pensare come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia» basandosi sull’idea di un essere umano senza limiti. Francesco sottolinea come sia «terribilmente rischioso» che un grande potere «risieda in una piccola parte dell’umanità». Il papa spiega che «la decadenza etica del potere reale è mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica». Esiste «un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo». L’altro capitolo centrale si sofferma sulla debolezza della politica internazionale, insistendo sul multilateralismo e chiedendo «organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale» e «la realizzazione di alcuni obiettivi irrinunciabili», come finora non è avvenuto. Abbiamo sprecato – scrive il papa – le occasioni delle ultime due crisi globali, quella finanziaria del 2007-2009 e quella della pandemia, che hanno portato «maggiore individualismo, minore integrazione, maggiore libertà per i veri potenti, che trovano sempre il modo di uscire indenni». L’auspicio è quello di «un multilateralismo “dal basso” e non semplicemente deciso dalle élite del potere», una sorta «di maggiore “democratizzazione” nella sfera globale... Non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti». Francesco passa quindi in rassegna le Cop degli ultimi anni, non nascondendo la delusione per molte di esse le cui risoluzioni non sono state applicate. Dice che quella di Dubai, in programma all’inizio di dicembre, «può essere un punto di svolta», auspicando «forme vincolanti di transizione energetica». Chiede di non ridicolizzare la questione ambientale «per interessi economici», osserva come le proteste dei gruppi ambientalisti radicalizzati occupino «un vuoto della società», perché spetterebbe «ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli» ed esercitare una sana pressione. Infine, nell’ultimo capitolo ricorda che le motivazioni di questo impegno scaturiscono dalla fede cristiana, citando «la visione giudaico-cristiana del mondo» che pone al centro l’essere umano «in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri». E ricorda che «non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone».
Andrea Tornielli
Direttore Editoriale dei Media della Santa Sede