Così l’Europa si allontana. L'Italia rischia di stare ai margini
Il trionfo sovranista rischia di relegare il nostro Paese all’opposizione e di aprire una stagione di forte conflittualità con i vertici dell’Unione
Il voto è chiarissimo. E indica innanzitutto un dato: oggi l’Italia è ancor più lontana dall’Unione europea. Se uniamo al trionfo di Salvini i voti di Fratelli d’Italia e 5 stelle, ci ritroviamo con una schiacciante maggioranza che alle istituzioni europee guarda con freddezza e malcelato fastidio.
Altrove non è andata allo stesso modo. La temuta “onda sovranista” non è stata uno tsunami. Il colpo è forte (Italia, Francia, Ungheria, Polonia), ma non tale da trasformare un rumoroso drappello di oppositori nella nuova classe dirigente. Il voto europeista rimane maggioritario, nonostante i limiti che l’Unione ha evidenziato.
I consensi persi da popolari e socialdemocratici alimentano verdi e liberali, persino nella Gran Bretagna traumatizzata dalla Brexit. E un rimescolamento degli equilibri può essere d’aiuto per trovare nuove energie e riprendere il cammino consapevoli degli errori del passato.
Di questo cammino, con ogni probabilità, noi non saremo protagonisti. Se in questi anni abbiamo avuto italiani alla guida del Parlamento europeo (Tajani), della Banca centrale europea (Draghi), della diplomazia europea (Mogherini), è facile prevedere che nella prossima tornata faremo da comprimari. Il voto popolare va sempre rispettato e capito. E oggi nessuno può dirsi esente da colpe, a partire dalla stessa Europa.
Se le grandi famiglie politiche ne hanno la consapevolezza, evitino allora l’errore di metterci all’angolo. Sfidino il governo a essere comunque parte del gioco comunitario. Perché l’esclusione alimenta sempre pericolosi sentimenti autarchici. Ma senza l’Italia, è difficile anche soltanto pensare l’Europa.